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Trump fiuta l’affare sull’Ucraina, il piano-trappola per Zelensky sulla ricostruzione: i miliardi in ballo, dalle terre rare al petrolio

18 Febbraio 2025 - 14:02 Filippo di Chio
ucraina trump contratto pace terre rare porti petrolio 500 miliardi
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Il Telegraph avrebbe consultato una bozza segreta del contratto di ricostruzione dell'Ucraina dopo il conflitto. Washington vorrebbe il 50% delle risorse ucraine e un diritto di prelazione su tutti i contratti futuri

Un fondo di investimenti congiunto tra Stati Uniti e Ucraina, questa l’idea del presidente americano Donald Trump per ottenere la millantata restituzione di 500 miliardi di dollari una volta raggiunta la pace. Un pagamento che il tycoon ha già dato per «accettato» da Kiev alla luce dei pacchetti di aiuti approvati dal Congresso negli ultimi anni, ma che in realtà il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non ha intenzione di sottoscrivere. Anche perché, secondo quanto rivela il Telegraph che avrebbe visionato la bozza del documento inviata in Ucraina lo scorso 7 febbraio, l’obiettivo sarebbe quello di allungare le mani a tempo indefinito non solo sui giacimenti di terre rare ma anche su porti e infrastrutture petrolifere. Un accordo che – se approvato – imporrebbe a Kiev condizioni «peggiori del Trattato di Versailles del 1945, scrive il quotidiano inglese in riferimento al patto che aveva concluso la Seconda guerra mondiale punendo duramente Germania e Giappone.

I termini imposti da Washington: il Fondo, il diritto di prelazione e l’abbandono dell’immunità sovrana

Più che una proposta o un documento politico, si tratterebbe di una vera e propria bozza di contratto. In primo luogo, Washington avrebbe stabilito l’intenzione di istituire un Fondo di investimento «per la ricostruzione». In cui ovviamente entrambe le parti – Stati Uniti e Ucraina – ottengono il 50% dei ricavi. Ma di cosa si occuperebbe il Fondo di preciso? Nel documento si parla del «valore economico associato alle risorse ucraine», vale a dire minerali, petrolio, gas ma anche porti e altre infrastrutture. Una sorta di gestione semi-coloniale da parte del gigante a stelle e strisce, che però non si fermerebbe qui. Washington, infatti, avrebbe il diritto di prelazione per l’acquisto di minerali esportabili e per la concessione di tutte le future licenze.

E lo stesso metodo di assegnazione delle licenze per estrarre o lavorare le risorse naturali ucraine dovrebbero essere stabilite dal Fondo stesso, e quindi di fatto dagli Stati Uniti. A cui si aggiunge la gestione delle controversie legali, che risponderebbe alla legge di New York senza tenere conto del conflitto normativo con Kiev e con la sede dell’arbitrato sulla costa atlantica americana. Kiev, in tutto questo, dovrà rinunciare all’immunità sovrana «per quanto riguarda la sua responsabilità» e per quanto concerne «il sequestro di beni necessari a soddisfare qualsiasi richiesta di risarcimento da parte del governo degli Stati Uniti o comprovato dagli Stati Uniti». Durata del contratto? Indefinita.

Le motivazioni fornite dalla Casa Bianca: «Restituzione dovuta»

Inutile dire che le condizioni poste da Donald Trump, che già aveva annunciato lo stesso tycoon in un’intervista al Fox News, sono insopportabili per un Paese che da tre anni è vittima di un’aggressione armata. Ma i motivi che hanno spinto Washington a porre questi parametri futuri sono presto spiegati nello stesso documento. In primo luogo si tratta di una «restituzione dovuta» per i finanziamenti e gli aiuti inviati dalla Casa Bianca a Kiev negli ultimi anni. Trump ha parlato di oltre 300 miliardi quando in realtà si tratta di massimo 175 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali concessi dietro a promessa di restituzione. In secondo luogo gli Stati Uniti sarebbero mossi dal «desiderio di investire in un’Ucraina libera e sicura» formando un «partenariato duraturo tra i due governi», e al contempo impedendo che «parti ostili traggano vantaggio dalla ricostruzione dell’Ucraina». Da Kiev la sensazione è ben diversa: «prima pagateci, poi date da mangiare ai vostri figli», una fonte vicina ai negoziati ha spiegato così la clausola di prelazione voluta da Trump.

Perché Zelensky potrebbe scendere a patti?

Bisogna ora capire se Zelensky sia disposto a scendere a patti con Donald Trump e trattare una nuova forma del contratto. Il presidente ucraino, durante l’incontro alla Trump Tower dello scorso settembre, avrebbe aperto la porta a una possibile partecipazione diretta dell’industria americana nello sfruttamento di minerali (titanio, tungsteno, uranio, grafite) e terre rare. Elementi che per l’economia di Washington sono fondamentali per stare al passo con la Cina in termini di batterie elettriche e micro-chip. E che garantirebbero a Kiev la difesa dei suoi territori, contando che gli Stati Uniti avrebbero a quel punto tutto l’interesse del mondo a preservare i bacini minerari. Bisogna anche, però, valutare quanto margine abbia Zelensky per smuovere il tycoon. Donald Trump per il momento non si è scostato dalla sua posizione: «Potrebbero fare un accordo. Potrebbero non fare un accordo. Potranno essere russi un giorno, o non esserlo un giorno. Ma voglio indietro questi soldi».

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