Clean Industrial Deal, nel piano Ue per l’industria spuntano le quote «Made in Europe»: la sfida a Trump e alla Cina
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Per rilanciare la produzione di tecnologie verdi e rispettare gli impegni di sostenibilità, la Commissione europea sta pensando di introdurre quote obbligatorie di prodotti «Made in Europe» per gli appalti pubblici e privati. È questa una delle principali novità contenute nel Clean Industrial Deal, l’atteso piano per il rilancio dell’industria europea che la Commissione di Ursula von der Leyen presenterà il 26 febbraio. Il documento punta a rivitalizzare l’industria del Vecchio Continente puntando sulla cosiddetta «industria pulita», ossia su settori come la produzione di pannelli solari, pale eoliche, batterie e auto elettriche. Un piano che per trasformarsi in realtà avrà bisogno di più investimenti privati e più aiuti di Stato. In altre parole, di molti più soldi, a prescindere da dove arrivino. In una bozza del documento si legge che «l’Ue deve aumentare i suoi investimenti annuali in energia, industria e trasporti di circa 480 miliardi di euro rispetto al decennio precedente». Una prescrizione che sembra seguire alla lettera i suggerimenti di Mario Draghi, che nel suo rapporto per il rilancio della competitività europea chiedeva soprattutto misure per aumentare gli investimenti pubblici e privati.
La «fase due» del Green Deal
A coordinare la stesura del Clean Industrial Deal, che traccerà la strada per tutte le politiche industriali e ambientali della Commissione europea per i prossimi cinque anni, è la commissaria Teresa Ribera. All’ex vicepremier spagnola, considerata da molti l’anima più a sinistra dell’attuale esecutivo comunitario, sono state affidate le deleghe più delicate in assoluto: competitività e Green Deal. Il documento che sarà svelato la prossima settimana, assicurano a Open fonti europee molto vicine a Ribera, «è un’opera di suo pugno, che incarna una visione molto “Teresa” di come l’Europa dovrebbe conquistare il suo posto nel mondo attraverso l’industria pulita senza lasciare che siano altri a decidere cosa dovrebbe fare o cosa dovrebbe essere».
Il team della commissaria europea si dice «molto soddisfatto» della versione finale del documento, a cui manca soltanto qualche ultimo dettaglio tecnico da limare e che potrebbe rappresentare una sorta di “fase due” dell’agenda verde europea. Il Clean Industrial Deal, inoltre, potrebbe essere interpretato come una risposta dei Socialisti europei alla «Bussola della competitività», l’altro grande piano della Commissione europea svelato nelle scorse settimane. Il documento presentato da von der Leyen, che elenca tutte le iniziative a cui lavorerà il suo esecutivo nei prossimi mesi, ha lasciato soddisfatti i Popolari ma ha deluso Socialisti e Verdi. Il piano per l’industria pulita, affidato a Ribera, potrebbe contribuire a riequilibrare i rapporti di forza tra le diverse anime che compongono la «maggioranza Ursula».
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Aiuti di Stato per la transizione verde
Una delle priorità delineate nel Clean Industrial Deal, come detto, è il rilancio degli investimenti. Al momento, il 38% del bilancio Ue è dedicato all’attuazione del Green Deal e anche il prossimo bilancio 2028-2034, si legge nella bozza del documento, «sarà un fattore chiave» per sostenere il piano di sostenibilità di Bruxelles. La Commissione europea punta a «rafforzare i finanziamenti a livello Ue, fare leva sugli investimenti privati e migliorare gli aiuti di Stato e altri regimi di sostegno nazionali». Il piano per semplificare le norme sugli aiuti di Stato, in particolare, dovrebbe essere presentato entro luglio 2025 e permetterà l’erogazione di aiuti statali «mirati e proporzionati» per accelerare la transizione verso le rinnovabili e la produzione di tecnologie verdi in Europa.
Lo scudo «buy european» contro Usa e Cina
Oltre al rilancio degli investimenti c’è poi da fare i conti con la concorrenza di Cina e Stati Uniti. Su questo fronte, si legge nella bozza del documento, la Commissione europea «affinerà gli strumenti di difesa commerciale esistenti», come i dazi anti-dumping e anti-sussidi, e «rifletterà insieme agli Stati membri e alle parti interessate» sulla possibilità di introdurre «ulteriori strumenti» a tutela dell’industria del Vecchio Continente. In risposta alla svolta protezionistica di Washington, rivela Politico, il piano Ue propone alcune misure per stimolare la domanda dei beni «Made in Europe», per esempio stabilendo che una quota minima delle tecnologie verdi acquistate da governi e altre autorità pubbliche sia prodotta dentro i confini europei. Nel 2026, la Commissione rivedrà le norme Ue sugli appalti pubblici per «rendere i criteri di preferenza europei una caratteristica strutturale» per i «settori strategici». Queste regole, rivela Politico, non si applicheranno solo agli appalti pubblici. «Questi criteri – si legge nella bozza del piano – saranno estesi per incentivare gli appalti privati, attraverso misure quali standard di prestazione sulle emissioni di CO2 basati sul ciclo di vita».
Foto copertina: EPA/Olivier Hoslet | Ursula von der Leyen durante una riunione del collegio dei commissari Ue