Concessioni balneari, il Tar Liguria può rimettere tutto in discussione: la proroga al 2027 del governo e l’accordo «inesistente» con Bruxelles


La proroga fino al 2027 delle concessioni balneari annunciata lo scorso settembre dal Consiglio dei ministri non è valida. Non per inezie legali ma perché «non risulta esistente un documento scritto racchiudente tale patto», vale a dire quello tra il governo Meloni e la Commissione europea. È la sentenza con cui oggi il Tar della Liguria ha respinto il ricorso di tre stabilimenti balneari del comune di Zoagli, in provincia di Genova, dove la Giunta aveva indetto nuove gare attenendosi alla direttiva Bolkestein. Secondo il tribunale amministrativo, dunque, le concessioni sarebbero terminate al 31 dicembre 2023 e la proroga promessa e concessa dalla premier Giorgia Meloni avrebbe validità nulla.
Il ricorso dei balneari liguri e il decreto legge di Chigi
Una direttiva europea datata 2006, recepita da Roma con un decreto legislativo nel 2010 e per quindici anni aggirata dai governi con proroghe straordinarie. Una prassi per aggirare le regole a favore della concorrenza nel settore dei servizi che sembra giunta al suo capolinea. È quanto sentenziato dal tribunale amministrativo regionale della Liguria riguardo al caso di Bagni Silvano, Sacha Cubeddu e Matakello, i tre bagni di Zoale che avevano presentato ricorso contro la messa al bando delle concessioni demaniali di cui erano depositari da anni. Secondo loro, infatti, la Giunta comunale non aveva rispettato la proroga disposta dal Consiglio dei ministri con un decreto legge nel settembre 2024. In quell’occasione Meloni e alleati avevano citato, come motivazione del prolungamento, una presunta «collaborazione tra Roma e Bruxelles» che aveva «consentito di trovare un punto di equilibrio tra la necessità di aprire il mercato delle concessioni e l’opportunità di tutelare le legittime aspettative degli attuali concessionari». Peccato che, secondo quanto ha decretato il Tar Liguria, quella collaborazione non si sia mai concretizzata davvero.
Il Tar: «Patto Roma-Bruxelles? Non esiste nessun documento ufficiale»
«Non vale invocare un accordo tra lo Stato italiano e la Commissione europea, secondo cui le Amministrazioni avrebbero l’obbligo di prorogare le concessioni balneari sino al settembre 2027: e ciò sia perché non risulta esistente un documento scritto racchiudente tale patto». Così Giuseppe Caruso, presidente del tribunale amministrativo ligure, insieme ai colleghi Liliana Felleti e Marcello Bolognesi ha sottolineato la problematica che fa crollare il castello costruito da palazzo Chigi. Non questioni interpretative ma, dunque, sostanziali e concrete. Perché il Tar nega l’esistenza di un atto normativo su cui la proroga – o presunta tale – dovrebbe fondarsi. Confermate dunque la cessazione delle concessioni demaniali al 31 dicembre 2023 e la disposizione di «nuove assegnazione mediante selezioni imparziali e trasparenti tra i potenziali candidati, ai sensi della cosiddetta Bolkestein».
Il potere vincolante della Corte di giustizia Ue
Anche perché, aggiunge il Tar, non solo non esiste un atto normativo concreto che fissi i termini dell’accordo tra Roma e Bruxelles. Ma soprattutto «un simile accordo non potrebbe prevalere sul dictum della Corte di Giustizia Ue, essendo quest’ultima l’organo deputato all’interpretazione autentica del diritto eurounitario, con effetti vincolanti sia nei confronti delle autorità nazionali che delle altre istituzioni dell’Unione». Tradotto? Non c’è nessun atto ufficiale che stabilisca la proroga, e anche se esistesse non avrebbe il potere di scavalcare le decisioni della Corte.