Gli Usa bacchettano ancora Zelensky: «Taccia e firmi l’accordo sulle terre rare». E il feeling Trump-Putin ora sbarca pure all’Onu


I colloqui con Mosca senza Kiev, le accuse – pesantissime – al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. E ora il rifiuto di definire la Russia come “aggressore” e di firmare una risoluzione Onu che chieda il ritiro delle truppe di Vladimir Putin dall’Ucraina. Cui fa coppia la proposta di alleggerire le sanzioni, che da anni limitano le capacità economiche (e quindi militari) del Cremlino, per «porre fine a questo conflitto molto rapidamente e questo potrebbe essere uno dei modi». Gli Usa di Donald Trump procedono a tappe forzate nel processo di ribaltamento dello schema sul conflitto russo-ucraino. Un cambio di passo radicale, che va forse perfino oltre le attese rispetto a quanto promesso nella dura campagna elettorale contro Joe Biden e la sua politica di sostegno a Kiev.
I colloqui tra Zelensky e Kellogg, due diverse versioni
Il sostegno insindacabile a Volodymyr Zelensky si è trasformato da ieri in esplicite accuse di «dittatura». Ora, Trump manda avanti il suo consigliere per la sicurezza nazionale, Mike Waltz, per raccomandare al malcapitato leader ucraino di non rispondere alle accuse: anzi, di «abbassare i toni» (lui). Un avviso che ha preceduto l’incontro tra lo stesso Zelensky e l’inviato speciale di Trump per il conflitto russo-ucraino (almeno sulla carta) Keith Kellogg, allegato all’intimazione di «firmare l’accordo» sui minerali e sulle terre rare proposto dagli Stati Uniti. Al termine del dialogo tra Zelensky e Kellogg, la versione del presidente ucraino suona però opposta rispetto a quella a stelle e strisce: «È stato un incontro molto produttivo. È importante per noi, e per l’intero mondo libero, che la forza americana si faccia sentire». Quasi un supporto affettato, come volesse dimostrare che Kiev è ancora sostenuta da Washington. «L’Ucraina è pronta per un accordo forte ed efficace di investimenti e sicurezza con il presidente degli Stati Uniti». Oltre che a una «conversazione dettagliata sulla situazione del campo di battaglia, su come restituire i nostri prigionieri di guerra e su efficaci garanzie di sicurezza».
Gli Usa e quei no a condannare l’invasione russa all’Onu
Al contempo ci sarebbe un clamoroso strappo tra Kiev e Washington anche sotto il punto di vista diplomatico. Secondo un’esclusiva Reuters, gli Stati Uniti non sarebbero tra gli oltre 50 Paesi firmatari di una bozza di risoluzione delle Nazioni Unite in occasione dei tre anni dall’invasione russa dell’Ucraina. Un documento, da votare lunedì 24 febbraio, in cui si richiede una «de-escalation, una rapida cessazione delle ostilità e una risoluzione pacifica della guerra contro l’Ucraina in linea con la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale». Oltre che la chiara richiesta a Mosca perché «ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari dall’Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti». Un sostegno a risoluzioni del genere che finora da parte degli Stati Uniti non era mai mancato. E alla postura filorussa all’Onu si aggiungerebbe, secondo il Financial Times, un simile rifiuto anche nell’ambito del G7. In un documento anche qui in occasione dell’anniversario dell’invasione, gli Stati Uniti si starebbero opponendo all’utilizzo dell’espressione «aggressione russa». La mira dell’amministrazione Trump sarebbe quella di ammorbidire il linguaggio a «conflitto ucraino». Con una strizzatina d’occhio all’uomo nel Cremlino.