L’estrema unzione, la “salma” trasferita, gli infermieri allontanati: i corvi che volano su Papa Francesco ricoverato
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L’estrema unzione somministrata almeno quattro volte negli ultimi cinque giorni. Il trasferimento della salma a Santa Marta. L’allontanamento degli infermieri per lasciare al capezzale le suore recitare il rosario. In occasione del ricovero di Papa Francesco i corvi hanno ricominciato a svoltazzare sul Vaticano. Con un mix di fake news e mezze verità sulla sua salute e sulla sua possibile morte, proprio mentre Jorge Mario Bergoglio cura una polmonite bilaterale al decimo piano dell’ospedale Gemelli. E mentre gli esperti spiegano che il pontefice ha virus e batteri insieme. E si pensa che i dottori abbiano cambiato le cure perché il paziente ha sviluppato una resistenza agli antibiotici.
I corvi in Vaticano e la salute del Papa
Il Messaggero riepiloga oggi le catene di chat e sui social che inseguono Bergoglio ricoverato. Nel novero ci sono anche richieste di preghiere per la liberazione della Chiesa dal male: «Il Signore riporti una vittoria sulle forze delle tenebre. Diffondete questo appello il più possibile». Dei corvi e dei complottisti intorno al Vaticano ha parlato anche il Papa. Lo ha fatto quando ha raccontato l’aneddoto della vecchietta che lo ha avvicinato per metterlo in guardia: «Santità stia attento perché pregano contro di lei». Francesco ha anche parlato degli ambienti ostili alla sua politica. E di alcuni prelati che nel 2021 di ritorno dall’ospedale dopo l’operazione al colon «lo volevano morto. So che ci sono stati persino incontri».
Le trame per la successione
«Pensavano che il Papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave. Pazienza», disse Bergoglio. Indicate sempre le frange estreme dei conservatori americani, simpatizzanti di Donald Trump e No vax. «Ah per me è un onore se mi attaccano gli americani», rispose all’epoca ironicamente. Intanto la Conferenza episcopale Usa ha citato in giudizio l’amministrazione Trump chiedendo a un giudice di dichiarare illegale la sospensione degli aiuti ai rifugiati. Due settimane fa il Papa aveva lanciato strali sulla politica migratoria del presidente. Nicola Montano, ordinario a Milano e presidente della Società italiana di medicina interna, intanto parla con Repubblica della situazione della salute.
Il cortisone
«Chi è cronicamente sotto cortisone ha un vantaggio sulla reazione infiammatoria, che è meno potente, però anche una maggior facilità di contrarre infezioni, perché la sua risposta immunitaria è soppressa. Questo ovviamente può rendere più difficile anche debellare l’infezione farmacologicamente», spiega Montano. Gianni Rezza, infettivologo già all’Istituto superiore di sanità e al ministero alla Salute e oggi al San Raffaele, spiega che l’uso di antibiotici ad ampio spettro «è normale dopo l’ingresso in ospedale, quando si aspettano i risultati degli esami. Quando i test dicono qual è il micro organismo responsabile dell’infezione, si cambia il farmaco». Però martedì il trattamento è di nuovo cambiato: «È possibile che sia stato individuato un altro batterio».
Il batterio e la terapia
Oppure, aggiunge Rezza, «c’è anche la possibilità che la terapia non abbia prodotto una buona risposta contro quel batterio e quindi si sia deciso di cambiare farmaco». L’idea è che possa esserci un problema di resistenze agli antibiotici. La polmonite bilaterale diagnosticata in seguito al ricovero può essere esplosa in ospedale: «È possibile che nelle immagini degli esami fatti venerdì non si vedesse niente», sostiene Francesco Blasi, ordinario di pneumologia a Milano. «Forse c’era già in forma meno evidente. Ora però non sappiamo se c’è un interessamento completo dei due lobi e quanto sono grandi due focolai . La cura, comunque, è la stessa della bronchite».
Il ricovero
Niccolò Marchionni, presidente della Società italiana cardiologia geriatrica, spiega inoltre che «una polmonite senza assistenza intensiva richiede una degenza di almeno 7-10 giorni». I tempi di Francesco potrebbero però essere più lunghi: «Di certo ci sarà da pensare alla riabilitazione. In una decina di giorni di ricovero l’anziano fragile perde alcuni chili di massa magra. Per questo ci vuole una riabilitazione. Quella polmonare, che prevede esercizi di respirazione, e quella che prevede attività fisica». E ci vorranno almeno due mesi per rimettersi completamente in sesto.