Scuola e disabilità, vietato tagliare le ore di sostegno per mancanza di fondi: ora i Tar danno ragione alle famiglie
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Il diritto all’istruzione degli studenti con disabilità può essere limitato dalle risorse economiche disponibili? Questo interrogativo è tornato al centro del dibattito giuridico con alcune recenti sentenze dei tribunali amministrativi, che hanno riaffermato un principio fondamentale: il diritto allo studio non può essere piegato ai vincoli di bilancio o a carenze di organico. Il Tar del Lazio ha dato ragione a una famiglia che aveva impugnato la decisione di una scuola di limitare il numero di ore di sostegno al figlio con grave disabilità.
Le ore ridotte all’alunno con grave disabilità
Nonostante la certificazione medica che attestava la necessità di assistenza continua, la scuola aveva assegnato solo 15 ore settimanali di sostegno, basandosi su motivazioni organizzative e finanziarie, piuttosto che sulle necessità specifiche dell’alunno. I giudici hanno sottolineato che il sostegno deve essere garantito nella misura necessaria per consentire all’alunno di integrarsi e studiare, senza limitazioni basate su vincoli di bilancio. Pertanto, l’Amministrazione scolastica è stata obbligata a rivedere la decisione, determinando il numero di ore di sostegno in base alle reali necessità del minore, senza far riferimento a limiti finanziari o di organico. Il Tar ha quindi ordinato la riformulazione del Piano Educativo Individualizzato (Pei), il documento scolastico che definisce gli interventi necessari per favorire l’integrazione dell’alunno con disabilità e il pieno sviluppo delle sue potenzialità. L’istituto ora dovrà rifare il Pei entro 10 giorni.
Il caso in Emilia-Romagna
Una posizione simile è stata adottata da una sentenza del Tar dell’Emilia-Romagna, stabilendo che non possono essere ridotte le ore di supporto in Lingua dei Segni Italiana (Lis) a un alunno con disabilità, invocando vincoli di bilancio. I giudici hanno ribadito che il diritto all’inclusione scolastica è inviolabile e non può essere condizionato dalla disponibilità economica, confermando così l’obbligo delle istituzioni di garantire un adeguato sostegno agli studenti con bisogni educativi speciali.
Scuole (e famiglie) tra due fuochi
Il diritto all’educazione per le persone con disabilità è sancito dalla Costituzione, ma la sua applicazione concreta continua a essere oggetto di contese. Da un lato, c’è la necessità di garantire un’istruzione equa e accessibile a tutti; dall’altro, la gestione delle risorse pubbliche, spesso limitate. Ma cosa significa, nella realtà di tante famiglie, questa battaglia burocratica? Immaginiamo un genitore che, dopo mesi di richieste, incontri e documenti, riesce a ottenere una diagnosi e un piano educativo personalizzato con le ore di sostegno di cui il figlio ha bisogno per frequentare la scuola come i suoi compagni. Poi, all’improvviso, arriva la comunicazione: le ore saranno tagliate, il bilancio non lo permette. È una storia che si ripete in molte città e che i giudici amministrativi stanno cercando di arginare.
Diritto allo studio sì, ma nei limiti di bilancio: la sentenza del Consiglio di Stato che fece discutere
Tuttavia queste decisioni del Tar segnano un’inversione di rotta rispetto a una precedente sentenza del Consiglio di Stato che ad agosto aveva respinto il ricorso di una famiglia contro la riduzione delle ore di assistenza scolastica per il proprio figlio. Secondo il Consiglio di Stato, i servizi di supporto devono essere garantiti solo entro i limiti delle risorse disponibili, lasciando aperta la possibilità di ridurre l’assistenza in base al bilancio. Quella sentenza scatenò un’ondata di proteste, soprattutto da parte delle associazioni per i diritti delle persone con disabilità. E tra le voci più critiche c’era anche la ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, che aveva definito la sentenza «ingiusta». «La priorità deve essere quella di tutelare i diritti, valorizzare le competenze e i talenti di ogni persona, a partire dalla scuola e con tutti i necessari sostegni. Mi auguro che il Consiglio di Stato riveda la questione in un’adunanza plenaria futura e garantisca a tutti gli alunni gli stessi diritti di partecipazione e di crescita», aveva dichiarato la ministra.