Ultime notizie Elon MuskLucio CorsiPapa Francesco
ATTUALITÀIntervistePapa FrancescoSanitàVaticano

Papa Francesco ricoverato, lo pneumologo Boffi sull’ultimo bollettino: «I rischi ora sono setticemia e sindrome multiorgano» – L’intervista

23 Febbraio 2025 - 21:21 Gemma Argento
papa francesco condizioni salute crisi respiratoria intervista roberto boffi
papa francesco condizioni salute crisi respiratoria intervista roberto boffi
Le condizioni di salute del Pontefice rimangono critiche. A Open, il professor Roberto Boffi, Dirigente Medico Responsabile dell'S.S.D. Pneumologia dell’IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, spiega cosa preoccupa dell'ultimo aggiornamento

È ancora complesso il quadro clinico di Papa Francesco, ricoverato al policlinico Gemelli di Roma da ormai dieci giorni. Il bollettino serale della Sala Stampa della Santa Sede ha aggiornato sulle condizioni di salute del Pontefice che attualmente risulta «vigile e orientato» e prosegue la necessaria «ossigenoterapia ad alti flussi attraverso le cannule nasali». Dopo la crisi respiratoria descritta nell’aggiornamento del 22 febbraio che aveva fatto tremare il mondo, nelle ultime ore il Santo Padre non ha avuto ulteriori crisi provocate da assenza di ossigeno. Gli esami clinici della giornata hanno, dall’altra parte, segnalato una «iniziale insufficienza renale». Alla luce di una prognosi che rimane ancora riservata, Open ha chiesto al professor Roberto Boffi, Dirigente Medico Responsabile dell’S.S.D. Pneumologia dell’IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, il significato medico di quanto appreso dal nuovo bollettino vaticano.

Professore, le condizioni del Santo Padre rimangono critiche ma nelle ultime ore non si sono verificate ulteriori crisi respiratorie. Il primo buon segno dopo le ore di grossa preoccupazione?

«Assolutamente sì. Il grosso rischio di pazienti nelle condizioni del Pontefice è la setticemia, un interessamento dell’infezione in tutto l’organismo, colpendo in particolare il sistema cardiaco e renale. A quel punto il rischio di decesso è spesso dato da scompensi cardiaci, proprio perché non arriva ossigeno al cuore o al cervello. Per questo motivo gli è stato somministrato tanto ossigeno: i polmoni possono farcela da soli. Quelli che preoccupano sono i cosiddetti “organi nobili”, il cuore, il cervello, i reni, che hanno bisogno di ossigeno per non andare in tilt».

A questo proposito l’insufficienza renale si è aggiunta al quadro clinico. Quanto deve preoccupare?

«L’insufficienza renale era uno dei possibili rischi. I reni funzionano a ossigeno: oltre alle conseguenze dell’infezione in sé esiste un malfunzionamento renale proprio da ipossia. Quello che dobbiamo sperare adesso è che non si verifichi una sindrome multiorgano che cominci a coinvolgere altre parti del corpo, rendendolo progressivamente più debole».

È anche per questo motivo che i medici hanno deciso di mantenere l’ossigenoterapia ad alto flusso?

«Certo, ora è fondamentale per far affaticare meno l’organismo. Il fatto che non ci siano state ulteriori crisi respiratorie è dovuto anche a questo. Si tratta di una tecnica che prevede canule nasali e che nonostante non si usi da molti anni sta dando in letteratura scientifica ottimi risultati. È un buon compromesso rispetto alle terapie finora utilizzate soprattutto perché meno invasiva e quindi meno fastidiosa anche per il paziente stesso».

La prognosi rimane riservata, i medici dicono che bisogna attendere che le terapie farmacologiche abbiano qualche riscontro. Di che tempistiche parliamo?

«Servono diversi giorni. Ci sono delle parti del corpo dove gli antibiotici fanno fatica a raggiungere delle concentrazioni sufficienti. Quello che si dovrà verificare è il calo della PCR, la proteina che indica lo stato d’infiammazione».

Il Santo Padre risulta vigile e ben orientato. È una condizione scontata?

«Per nulla. Il paziente non è vigile quando non arriva ossigeno al cervello. E questo può essere causato da un brusco calo della pressione, oppure per accumulo di farmaci, di tossine, perché il rene non sta funzionando bene. Il fatto che sia vigile è positivo, vuol dire che il carburatore del motore sta funzionando. Sembra che il Santo Padre abbia una buona tempra».

Alla luce di questi ultimi aggiornamenti, quanto è alto il rischio che sta correndo Papa Francesco?

«Finché si parla di alti flussi vuol dire che purtroppo la condizione è ancora critica. Il miglioramento avviene quando dagli alti flussi si incammina il paziente verso un percorso che lo conduca a tornare ad un’autonomia respiratoria. Si è ricorso a questo tipo di terapia soltanto ieri, se il paziente in questa condizione non è peggiorato ulteriormente c’è la speranza che nei prossimi giorni possa tornare a respirare con i propri polmoni, o comunque con una quantità di ossigeno molto minore».

Oltre che una speranza, può essere anche una possibilità concreta dal punto di vista medico?

«Direi di sì. In questo momento non ci parlano per esempio di un paziente che è in fase di sedazione. Se non lo stanno sedando vuol dire che non ha attualmente quella fame d’aria per cui si sceglie di dare totale riposo all’organismo: un segnale del fatto che le terapie stanno quantomeno stabilizzando il quadro. Ora centrale per uscire dalla condizione critica sarà la tenuta del resto degli organi».

Articoli di ATTUALITÀ più letti
leggi anche