Le donne in Italia guadagnano il 20% in meno degli uomini: i dati dell’Inps sugli stipendi medi
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Il gender gap esiste ed è indice della «condizione di svantaggio che le donne hanno nel mercato del lavoro». In Italia il tasso di occupazione femminile è inferiore del 18% rispetto a quello maschile. E la retribuzione media giornaliera è più bassa del 20%. A ribadire l’enorme divario che c’è ancora tra uomini e donne è l’Inps, nel Rendiconto di genere presentato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza. I dati, riferiti all’anno 2023, sono indice di una situazione che non sembra dar segno di migliorare, soprattutto a causa di condizioni lavorative che ne sfavoriscono la continuità contributiva e che, sostanzialmente, le penalizzano nonostante siano mediamente più istruite. A pesare è soprattutto la maggiore presenza di part time e il minor ricorso agli straordinari. Così come la carenza (solo 21%) di donne ai livelli dirigenziali.
I dati Inps su contratti indeterminati e part time
«Sono ancora rilevanti le condizioni di svantaggio delle donne nel nostro Paese», si legge nel report. «Nell’ambito lavorativo, familiare e sociale». A livello numerico, stando ai dati Inps nel 2023 l’occupazione femminile era al 52.5%, rispetto al 70.4% di quella maschile. Una difficoltà a livello di assunzione che si riverbera anche sulla possibilità di firmare contratti a tempo indeterminato, 18% contro il 22.6% degli uomini. Il che si traduce in una porzione maggioritaria di part time: 64.4%, di cui 15.5% involontario. Vale a dire il triplo dell’involontario maschile.
Il divario settore per settore, nell’immobiliare -39%
E quel 20% di retribuzione media in meno? Secondo l’Inps, dei diciotto settori del mercato del lavoro esaminati, in ben dieci il divario è in realtà maggiore. Si arriva a toccare un picco del 39.9% in quello immobiliare (129.7 euro lordi agli uomini, 77.9 euro alle donne). Seguito dalle attività professionali e scientifiche, dove il gender gap a livello retributivo è intorno al 35%, e attività finanziarie e assicurative, al 32.1%. Si passa poi al 23.7% nel commercio e al 16.3% nei servizi di alloggio e ristorazione. L’unico settore che sembrerebbe premiare maggiormente le donne è «le estrazioni di minerali da cave e miniere». E nel pubblico? Il divario tra i generi è meno presente, se non fosse che «per servizio sanitario, università e enti di ricerca le donne hanno una busta paga media inferiore agli uomini di quasi il 20%».
Ill paradosso femminile: più istruite, meno pagate
A livello di istruzione, le donne nel 2023 hanno contato più diplomati e più laureati rispetto agli uomini, rispettivamente 52.6% e 59.9%. Eppure questa superiorità «non si traduce in una maggiore presenza nelle posizioni di vertice nel mondo del lavoro». Quasi tre donne su 10 sono «sovraistruite» rispetto al ruolo occupato, con un picco toccato tra le più giovani, in fascia 25-34 anni, di quattro su dieci. Discorso invertito per il lavoro di cura, soprattutto all’interno della famiglia. Nel 2023, le donne hanno utilizzato 14.4 milioni di giornate di congedo parentale, contro le 2.1 milioni usufruite dalla controparte maschile. Inutile dire che su questo dato influisca anche l’enorme carenza di asili, soprattutto per l’infanzia 0-3 anni.
Il gender gap pensionistico
Il gender gap è ben presente anche al termine della vita lavorativa, in un sistema pensionistico che riflette inevitabilmente le disuguaglianze. In media dal Fondo lavoratori dipendenti le donne ricevono un importo medio di 989 euro, quasi la metà dei 1.897 euro percepiti dagli uomini. Una discrepanza notevole che tiene conto del fatto che una parte delle donne non ha lavorato e percepisce solo una pensione ai superstiti e delle carriere più lunghe e con retribuzioni più alte degli uomini. Il divario è però presente anche nelle pensioni di vecchiaia e per quelle anticipate, specchio della difficoltà delle donne a raggiungere gli alti requisiti contributivi previsti.
Foto copertina: Prostockstudio | Dreamstime.com