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Ucraina, ultima chiamata per l’Europa: i leader volano a Washington per spezzare il legame Trump-Putin

24 Febbraio 2025 - 16:36 Simone Disegni
Keir Starmer, Emmanuel Macron e la rappresentante per la politica estera Ue Kallas attesi questa settimana alla Casa Bianca per tentare di salvare l'Ucraina (e l'Europa)

Quanta forza ci vuole per staccare Donald Trump dall’abbraccio mortale con Vladimir Putin? Mentre celebrano il terzo anniversario dell’inizio della guerra su larga scala all’Ucraina, i leader europei vogliono credere che l’operazione sia ancora possibile. Lo verificheranno direttamente questa settimana col «titolare», dopo aver provato – con scarsi risultati – a far sentire le proprie ragioni agli emissari di Trump arrivati in Europa: il vice J.D. Vance, il capo del Pentagono Pete Hegseth, il capo-negoziatore sul conflitto (formalmente) Keith Kellogg. Non risulta che il pressing per salvaguardare il futuro dell’Ucraina e dell’Europa abbia dato grandi risultati, a giudicare dal surreale voltafaccia di Trump contro Zelensky. Così da oggi la scena si sposta a Washington. Nel pomeriggio di oggi, lunedì 24 febbraio, a varcare per primo la soglia della Casa Bianca sarà il presidente francese Emmanuel Macron: il più rapido a reagire al cataclisma geopolitico, invitando gli altri leader europei la scorsa settimana all’Eliseo, ma pure il più rapido nei mesi scorsi a riprendere contatti «realisti» con Trump e a mantenerli vivi (ha detto di parlarci regolarmente, a volte anche in assenza di comunicati ufficiali per darne notizia). Che cosa gli dirà? Lo ha anticipato Macron stesso rispondendo nei giorni scorsi alle domande dei cittadini via X: «Non puoi essere debole nei confronti di Putin: non saresti tu, non è il tuo marchio, né il tuo interesse. Come puoi poi essere credibile con la Cina?». Macron punta insomma a toccare le corde più sensibili del leader americano: quelle del deal-maker, l’uomo d’affari che si fa un punto d’onore prima di tutto di essere rispettato, temuto, osannato. E possibilmente a non farsi turlupinare dalla controparte: Putin, in questo caso.

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Emmanuel Macron con Donald Trump e Volodymyr Zelensky, fatti incontrare all’Eliseo ancor prima che il leader Usa entrasse in carica alla Casa Bianca – Parigi, 7 dicembre 2024 (Epa/Sarah Meusonnier)

Le manovre di Francia e Regno Unito e il dilemma Usa

Macron non sarà l’unico comunque a tentare la delicatissima missione diplomatica. Giovedì a Washington sbarcherà il primo ministro britannico Keir Starmer. I suoi rapporti personali con Trump sono certamente più freddi, ma il Regno Unito può vantare il decennale asse di ferro con gli Usa. Di fronte a un leader che guarda ai concreti rapporti di forza più che a valori e smancerie, d’altra parte, non è un caso si presentino i capi dei due soli Paesi europei in possesso di una solida capacità di deterrenza militare: quella garantita dal possesso di testate nucleari. Francia e Regno Unito mantengono pure capacità di difesa convenzionali significative, seppur lontane dai fasti imperiali del passato, e non è un caso che siano loro ad aver messo a punto nelle scorse settimane il piano B per il dopoguerra se, come pare, all’Ucraina verrà tolto il salvagente dell’adesione alla Nato. L’idea che continua a essere fatta filtrare ai media internazionali è quella di inviare in Ucraina una «forza di rassicurazione» composta da decine di migliaia di uomini per scongiurare future ambizioni di russe di riprendere o perfino estendere la guerra. Freddezza di molti alleati europei a parte – a partire dall’Italia di Giorgia Meloni – difficilmente comunque una missione del genere potrebbe vedere la luce senza l’approvazione e la copertura di sicurezza degli Usa, come ha osservato lo stesso Starmer. Questa settimana i leader di Francia e Regno Unito cercheranno di capire cosa pensi davvero Trump del progetto: risposta chiara, sin qui, non c’è stata.

Giorgia Meloni col premier britannico Keir Starmer – Roma 16 settembre 2024 (Ansa/Fabio Frustaci)

Il miraggio della Nato

A Washington ci sarà nelle prossime ore per la prima volta pure l’Alta rappresentante Ue per la politica estera Kaja Kallas: sarà ricevuta martedì dal suo omologo, il segretario di Stato Marco Rubio. Quello di Kallas è il volto più testardamente filo-ucraino dell’Ue. Al termine del Consiglio Esteri di oggi l’ex premier estone – abito giallo e coccarda giallo-blu al petto – ha detto esplicitamente di pensare che Trump è fuori strada. «Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina, di modo che sia forte ora sul campo di guerra per essere forte poi al tavolo negoziale. Non si può decidere nulla sull’Ucraina senza l’Ucraina, e nulla sull’Europa senza l’Europa». Kallas ha anche detto di aver sfidato gli esponenti dell’Amministrazione Usa incontrati alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco sul futuro dell’Ucraina: «Se davvero vogliono che resti forte, la garanzia di sicurezza migliore e più economia è l’adesione alla Nato. Anche perché oggi non c’è esercito più forte in Europa di quello ucraino». È la linea dei Paesi baltici e dell’Europa orientale, oggi però in caduta libera a Washington. L’adesione dell’Ucraina alla Nato «non è sul tavolo», ribadiva negli stessi minuti il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump Michael Waltz. Con buona pace delle capriole dello stesso Zelensky, che ieri sera s’è detto pronto a dimettersi – come vorrebbe la Casa Bianca d’intesa col Cremlino – in cambio dell’ingresso del suo Paese nella Nato.

Ridisegnare l’Europa di domani: ora la Russia vuole tutto

Chi gongola per la frattura sempre più evidente tra le due sponde dell’Atlantico è di certo la Russia di Putin. La Russia non vuole un cessate il fuoco sulla linea del fronte per poi sedersi a discutere delle condizioni di pace, ma l’opposto: è disposta a far tacere le armi solo quando i negoziati avviati la scorsa settimana a Riad «produrranno un risultato fermo e sostenibile che soddisfi la Russia», è la linea esplicitata oggi dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov. Mosca è convinta che alla Casa Bianca il concetto sia stato pienamente metabolizzato, per non dire fatto proprio. «Vediamo che Washington sta davvero cercando di capire qual era la causa alla radice del conflitto, e speriamo che quest’analisi faciliterà gli sforzi per risolvere il conflitto», ha detto stamattina il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Non accordo “minimo” sulle terre ucraine, insomma, ma un vero e proprio ridisegno dell’architettura di sicurezza europea che tenga conto delle ambizioni russe insomma. E per scongiurare il rischio che a sentirsi tradito dal ritrovato feeling con gli Usa sia l’altro partner forte, Vladimir Putin ha parlato questa mattina col presidente cinese Xi Jinping. La cooperazione tra Mosca e Pechino «rappresenta il fattore di stabilizzazione più importante negli affari mondiali, è strategica, non è soggetta a influenze esterne e non è rivolta contro nessuno», fa sapere il Cremlino nel dar conto della telefonata. Con la quale Putin s’è premurato di aggiornare Xi del contenuto dei negoziati in corso con gli Usa. Disegno globale, non locale.

Vladimir Putin e Xi Jinping nel loro ultimo incontro di persona, al vertice Brics di Kazan (Russia) – 24 ottobre 2024 (Epa/Maxim Shemetov)

In copertina: Il premier britannico Keir Starmer col presidente francese Emmanuel Macron – Chequers (Regno Unito), 9 gennaio 2025 (Epa/Neil Hall)

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