Contratti agevolati, cohousing e più residenze universitarie: così cambia il mercato degli affitti per gli studenti – I dati
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Le tende degli studenti piantate davanti alle università di giorno e di notte sono diventate il simbolo della lotta contro il caro affitti nelle grandi città. Ma è servito a qualcosa? Da quando, il 2 maggio 2023, la 23enne Ilaria Lamera ha piantato la prima tenda nel giardino del Politecnico di Milano, innescando una stagione di proteste in tutta Italia, qualcosa si è effettivamente mosso: il mercato immobiliare si è dovuto adattare. Il dato positivo è che sono aumentate, e continueranno a crescere, le soluzioni di affitto agevolato e i progetti di housing sostenibile. Secondo una recente stima di Scenari Immobiliari per Il Sole 24 Ore, entro il 2027 il numero di contratti agevolati per studenti crescerà del 10,2% rispetto al 2024, con picchi significativi nelle città con la più alta concentrazione di fuorisede, come Milano e Roma.
Le agevolazioni del canone concordato
Il canone concordato è una delle soluzioni che punta a mitigare l’impatto economico degli affitti sulle famiglie e sui giovani studenti. Nei comuni ad alta tensione abitativa, infatti, sono stati siglati accordi tra le associazioni della proprietà edilizia e quelle degli inquilini per stabilire fasce di prezzo al metro quadrato, garantendo così affitti più accessibili rispetto ai prezzi di mercato. Come fa sapere Il Sole 24 Ore, Milano, attraverso l’agenzia per l’affitto accessibile Milano Abitare, ha incentivato l’adozione di questa formula, offrendo ai proprietari un’aliquota Imu ridotta al 7,3 per mille, invece dell’aliquota standard, che solitamente è più alta. Tradotto in parole povere: i proprietari di immobili ricevono uno sconto sulle tasse, rendendo più conveniente per loro affittare a studenti. L’accordo territoriale del 2023 ha introdotto anche la possibilità di affittare singole stanze di almeno 12 mq a tariffe calmierate, che variano dai 600 euro al mese nelle zone più centrali ai 400 euro in quelle più periferiche. A Roma, invece, si sta lavorando all’istituzione dell’Asab (Agenzia sociale per l’abitare), che favorirà il match tra domanda e offerta di alloggi a canone concordato, sempre prevedendo incentivi per i piccoli proprietari disposti ad aderire all’iniziativa.
Il cohousing e le nuove forme di convivenza
Parallelamente, si stanno diffondendo sempre di più nuove forme di convivenza come il cohousing intergenerazionale, con progetti attivi in molte città come Padova, Pavia e Milano. Si tratta di modelli abitativi che, ad esempio, promuovono la convivenza tra studenti e anziani, offrendo vantaggi reciproci: gli studenti possono accedere a soluzioni abitative a costi ridotti, mentre gli anziani trovano compagnia e supporto nella gestione della quotidianità. Un esempio emblematico è la convivenza raccontata da Open tra Sergio, studente universitario di 19 anni, e Gabriella, pensionata di 83 anni.
Anche al Sud sono in corso iniziative per agevolare gli affitti per studenti tramite agevolazioni fiscali e progetti di riqualificazione. A Bari, un accordo siglato nel 2024 prevede un’aliquota Imu al 4 per mille, che scende al 3 per mille per gli affitti a studenti. Palermo sta lavorando alla conversione di strutture pubbliche inutilizzate in alloggi per studenti, con un progetto che potrebbe portare alla realizzazione di circa 60 appartamenti.
Cosa ha fatto il governo e il nodo dei (pochi) posti letto
Per affrontare la crisi abitativa studentesca, il governo ha introdotto nuove misure di sostegno. A partire dal 2025, il bonus affitto per studenti fuori sede con Isee fino a 20mila euro è stato aumentato a 7 milioni di euro, con un ulteriore incremento a 8 milioni per il biennio successivo. Nell’ottobre 2024, inoltre, il ministero dell’Università e della Ricerca ha ripartito oltre 16 milioni di euro tra le università (1.445,739 la quota per studente) per sostenere gli universitari con contributi economici diretti.
Uno dei problemi principali resta l’insufficienza di residenze universitarie. Attualmente, a fronte di circa 900mila studenti fuori sede, l’offerta strutturata è limitata a soli 50mila posti letto. Grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), il governo ha stanziato 1,2 miliardi di euro per aggiungere 60mila nuovi posti entro il 30 giugno 2026. I numeri, però, mostrano che i posti effettivamente candidabili sono ancora inferiori alle aspettative: al momento, solo 23.064 alloggi sono stati giudicati ammissibili o in corso di valutazione. Un dato che, però, per il ministero dell’Università è «soddisfacente alla luce del confronto con il dato storico del Paese che ha realizzato 40mila posti letto negli ultimi 20 anni».
Un’importante modifica normativa ha, però, eliminato il precedente vincolo del 70% di stanze singole e 30% di doppie, facilitando la conversione di edifici esistenti in studentati. Una misura che punta a incentivare i proprietari di immobili dismessi, come ex conventi o strutture pubbliche, a convertirli in residenze universitarie senza dover sostenere eccessivi costi di ristrutturazione.
L’ottimismo della ministra Bernini
Nei giorni scorsi, le associazioni studentesche hanno inscenato un funerale dell’università per protestare contro presunti tagli agli alloggi universitari. Immediata la replica della ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, che ha smentito qualsiasi ipotesi di tagli ai fondi Pnrr, chiarendo che l’obiettivo di 60mila posti letto resta fermo. Resta, però, l’interrogativo chiave: il nostro Paese riuscirà a centrare l’obiettivo dei 60mila nuovi posti letto entro il 2026? Questi alloggi saranno sufficienti a soddisfare la crescente domanda di studenti fuori sede? «Con il bando Pnrr – ha dichiarato Bernini – si stanno finanziando posti letto con una velocità 5 volte superiore rispetto a quanto prodotto dalle procedure tradizionali. Siamo ottimisti».