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Il mistero del nuovo incarico Ue per Luigi Di Maio: un tweet (poi cancellato) annuncia la nomina come inviato speciale per la pace in Medio Oriente

25 Febbraio 2025 - 18:31 Simone Disegni
«Inizialmente la decisione doveva essere presa ieri, ma poi è stata posticipata», spiegano a Open dal Consiglio Ue

Luigi Di Maio continuerà a servire ai massimi livelli l’Unione europea come Rappresentante speciale dei 27 per i rapporti col Golfo. La notizia, attesa da inizio anno, è ufficiale da ieri, quando il Consiglio Esteri dell’Ue ha dato il via libera formale al rinnovo dell’incarico diplomatico per altri due anni. La missione affidata dai governi Ue all’ex leader M5s è quella di continuare a «sviluppare un partenariato Ue più forte, globale e strategico con i Paesi della regione del Golfo, contribuendo alla stabilità e alla sicurezza dell’area sostenendo il dialogo e le soluzioni regionali di lungo termine», recita la nota con cui il Consiglio Ue ha dato ieri sera l’annuncio. Il rinnovo dell’incarico conferito a Di Maio dal 1° giugno 2023, come detto, era nell’aria da gennaio, quando era filtrata (sul Foglio) la lettera con cui la nuova Alta rappresentante Ue Kaja Kallas dava la sua benedizione alla decisione. Ma la novità è che Di Maio potrebbe presto raddoppiare, associando al ruolo di inviato speciale per il Golfo pure quello di Rappresentante speciale dell’Unione europea per il «processo di pace in Medio Oriente». L’affidamento di questo secondo, delicatissimo incarico, per lo meno pro tempore, sarebbe vicino, anzi vicinissimo. Così tanto che ieri sera sui social media l’Unione europea ne ha già dato notizia. Salvo poi ritrattare e cancellare il relativo tweet, perché la decisione in realtà non è ancora stata presa.

La fuga in avanti social e la decisione «attesa a giorni»

Il testo del tweet inviato e poi cancellato dal Consiglio Ue

«Il Consiglio Ue nomina Eduards Stiprais come nuovo Rappresentante speciale dell’Ue (EUSR) per l’Asia centrale. Estende il mandato di Luigi Di Maio come EUSR per il Golfo. Egli agirà anche come EUSR per il processo di pace in Medio Oriente fino al 1° giugno 2025», si legge in un tweet pubblicato lunedì sera su X dal servizio stampa del Consiglio Ue. Anzi, si leggeva. Perché la notizia, non esattamente di poco conto, non trova alcuna corrispondenza nel testo del comunicato stampa diffuso in parallelo, in cui c’è traccia solo del rinnovo dell’incarico per il Golfo. Alla richiesta di chiarimenti di Open, una portavoce dell’organo che rappresenta i ministri degli Esteri dell’Unione ha ammesso che sì, quel tweet era in effetti un’errata fuga in avanti. «Inizialmente la decisione doveva essere presa ieri, ma poi è stata posticipata», viene spiegato dal Consiglio Ue. Da cui si dà comunque per scontato l’esito. La pratica sarà discussa a livello di ambasciatori dei 27 «questa settimana» e l’adozione della decisione è prevista «nei giorni successivi per procedura scritta». Nel dubbio, comunque, poco dopo l’interessamento di Open alla questione il tweet è stato cancellato: sia dal servizio stampa del Consiglio che dallo stesso Di Maio, che già lo aveva rilanciato.

La missione (im)possibile del «processo di pace»

Tecnicamente, da quanto è possibile desumere dal testo del fatale cinguettio, quella a Rappresentante speciale per il conflitto in Medio Oriente non dovrebbe essere una nomina a pieno titolo, ma a copertura pro tempore del ruolo, rivestito sino ad oggi dall’olandese Sven Koopmans. Di Maio dovrebbe infatti «agire» in tale funzione e per pochi mesi, sino al 1° giugno 2025. Per lo meno inizialmente. Resta intatto comunque il senso del (probabile) affidamento di un incarico delicatissimo, per non dire proibitivo. Di «processo di pace» nei circuiti diplomatici non osa davvero parlare al momento nessuno. A dominare lo scenario è tornato ad essere l’odio «totale» tra Israele e Hamas, se non – in larga, drammatica parte – tra israeliani e palestinesi. Sul futuro di Gaza dopo la fragilissima tregua al momento in corso nessuno ha risposte certe: se non Donald Trump, il cui piano di espulsione forzata di centinaia migliaia di civili palestinesi per far posto alla futura «Riviera del Medio Oriente» ha scosso la regione come un terremoto. L’Ue resta attore ascoltato e con qualche leva nella regione, come dimostra il recente dispiegamento di una missione di monitoraggio al valico di Rafah. Ma risalire la china del «processo di pace» pare oggi missione al limite dell’impossibile. Eppure, proprio per questo, urgente e necessaria.

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