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Neonati sepolti a Parma, Chiara Petrolini resta (per ora) ai domiciliari: la Cassazione rinvia la decisione al Tribunale del Riesame

25 Febbraio 2025 - 18:22 Ugo Milano
chiara petrolini tribunale riesame carcere
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Il ricorso era stato presentato dall'avvocato della 22enne contro la custodia cautelare in cella stabilita dal Riesame in ottobre

Chiara Petrolini rimarrà, per ora, agli arresti domiciliari. Questa la sentenza della Corte di Cassazione che si è espressa oggi sul caso della 22enne accusata di omicidio e soppressione di cadavere di due neonati, da lei partoriti a distanza di un anno uno dall’altro e sepolti nel giardino della villetta familiare, a Vignale di Traversetolo, in provincia di Parma. Secondo la Suprema Corte il Tribunale del Riesame deciderà nuovamente sulla misura cautelare per la giovane accusata di avere ucciso e occultato i cadaveri dei figli appena partoriti. La Cassazione ha annullato con rinvio, per disporre un nuovo giudizio, l’ordinanza del Tribunale del riesame di Bologna. A chiedere il parere della Cassazione era stato il legale della giovane, Nicola Tria, che ha presentato ricorso contro il verdetto del tribunale del Riesame di Bologna. Lo scorso 17 ottobre, infatti, i giudici avevano disposto la custodia cautelare in carcere per Chiara Petrolini, che era stata definita «lucida e pericolosa». Il provvedimento è rimasto congelato fino alla sentenza di oggi.

I neonati sepolti e i domiciliari

La 22enne, ai domiciliari dal 20 settembre 2024, è tornata nella villetta di Traversetolo a metà gennaio, quando l’abitazione è stata dissequestrata. Nel giardino, infatti, lo scorso 9 agosto la nonna della ragazza aveva rinvenuto il corpo di un neonato, dissepolto dai cani di famiglia. Un mese dopo, le autorità avevano trovato i corpi di un altro bambino, poi rivelatosi il primogenito della ragazza. Secondo gli inquirenti, i bambini sarebbero stati partoriti da Chiara Petrolini a maggio 2023 e ad agosto 2024. Gli esami sui corpicini di entrambi hanno svelato che entrambi sarebbero stati sepolti vivi, nonostante la madre sostenesse che il secondogenito fosse già morto al momento della sepoltura.

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