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Non ci sono studi che dimostrino la pericolosità della rete 5G

28 Febbraio 2025 - 23:57 Juanne Pili e David Puente
Lo studio trattava tecnologie precedenti al 5G

Diverse condivisioni Facebook riportano una clip riguardante l’intervista a Fiorella Belpoggi, direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini la quale fa affermazioni controverse sulla rete 5G. La trasmissione era Petrolio, trasmessa il 23 febbraio 2019. Del caso si occuparono già i colleghi di Butac. Come avevamo visto in precedenti analisi (per esempio qui e qui), il 5G essendo uno standard di quinta generazione che riguarda sempre le onde elettromagnetiche non ionizzanti, non si è mai rivelato pericoloso nei limiti stabiliti dagli enti competenti, da cinque generazioni.

Per chi ha fretta:

  • Circola una intervista dove si fanno affermazioni controverse sulla rete 5G.
  • Negli studi fatti fino a oggi non risulta dimostrata alcuna pericolosità nelle persone, stando ai limiti stabiliti dagli enti competenti.
  • All’epoca, l’Istituto Ramazzini non era propriamente un “istitito”, ma una cooperativa sociale.
  • Il lavoro svolto all’epoca non riguardava il 5G, ma tecnologie precedenti.

Analisi

Le condivisioni del servizio Rai sulla rete 5G si presentano nel seguente modo:

Su RAI1 alle 2 di notte ci hanno detto a cosa andremo incontro con la tecnologia 5G

La cooperativa sociale

All’epoca dell’intervista, l’Istituto Ramazzini era una cooperativa sociale. Ecco quanto spiegato nel 2020 da DDay.it:

Il nome più citato dai comitati “no 5G” può creare confusione: l'”Istituto Ramazzini” non è formalmente riconosciuto come istituto di ricerca. Il centro è in realtà una cooperativa sociale Onlus, fondata a Bologna nel 1987. Perché è una differenza importante? Agli “istituti” di ricerca riconosciuti viene automaticamente assegnata una connotazione autorevole e rilevante, che supporta qualsiasi loro parere clinico. Anche per l’etichetta auto-determinata di “istituto”, la ricerca del Ramazzini sul rapporto tra radiofrequenze e tumori ha avuto tanta risonanza.

Vecchie tecnologie e i limiti

Gli unici due studi ritenuti i «migliori» nel suggerire la pericolosità della rete 5G nelle persone sono quelli dell’Istituto Ramazzini di Bologna e del National toxicology program (Ntp). Entrambi non mostrano evidenze significative di una pericolosità per le persone. La letteratura scientifica negli ultimi 70 anni non ravvisa alcun evento avverso accertato nelle persone.

Il lavoro svolto all’epoca dall’Istituto Ramazzini non era rivolto al 5G, ma a tecnologie precedenti.

Secondo un documento dell’ICNIRP, i lavori citati non forniscono evidenze coerenti e affidabili.

Nel 2020, il chimico Marco Bella pubblicò un articolo critico e intitolato «5G, non ci sono evidenze che causi tumori. E ora il Paese ha bisogno di una rete efficiente». Ecco il commento:

Molte persone citano le ricerche del National Toxicology Program e dell’Istituto Ramazzini, perché secondo loro dimostrerebbero la correlazione tumori-radiofrequenze. Spesso chi li cita non solo non li ha letti, ma non ha neppure mai letto alcun altro articolo scientifico in vita sua, e si basa su comunicati stampa e articoli sul web. In realtà, in quegli studi non c’è alcuna evidenza concreta della correlazione cellulari-tumori.

Cosa sappiamo davvero della rete 5G

Sono stati fatti numerosi studi, dagli anni ’60 a oggi. Le ragioni dell’inserimento delle radiazioni «non ionizzanti» emesse dai cellulari nella categoria 2B sono piuttosto complesse. Nel gruppo 2B troviamo 284 sostanze in commercio, tra cui il caffè, le verdure in salamoia, la carta carbone, gli scarichi di benzina, il talco e le monete di nichel. 

Come riporta l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), le radiazioni non ionizzanti si trovano «nella parte dello spettro elettromagnetico in cui l’energia è insufficiente per causare la ionizzazione. Comprende campi elettrici e magnetici, microonde, infrarossi, e la radiazione visibile».

Ci preoccupano invece le radiazioni ionizzanti, le quali possono effettivamente causare danni al Dna e provocare tumori. Eppure in certi ambiti sono utilizzate in sicurezza anche queste, per esempio coi raggi X delle radiografie, basta attenersi a esposizioni non oltre un certo limite.

Conclusioni

Ancora oggi non risulta che la rete 5G – stando ai limiti stabiliti dagli enti competenti -, possa essere pericolosa nelle persone.

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