Riccardo Cocciante: «Io “piccolo e brutto”? Quelle parole mi hanno fatto male, ma con la musica ho trovato la rivalsa»
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Riccardo Cocciante, 79 anni, dice che la canzone Margherita è arrivata al pubblico in modo atipico: «era l’epoca della contestazione politica, pensavo che non avrebbe avuto chances». E invece… «È straripata proprio per il contrasto fra il tema dell’amore e il tema della politica che era ovunque». Si tratta del suo primo grande successo, racconta in un’intervista al Corriere della Sera. Andò a Londra a registrare l’album con Vangelis: «Mancava un pezzo per chiudere l’aòbum. Gli feci sentire questa chiedendogli un arrangiamento. Si girò e mi disse: “Leviamola dal disco”. Anche se non pensavamo ai singoli ma al progetto nel suo complesso, per noi era un pezzo “maestro” e lo convinsi a lavorarci».
A Saigon
Cocciante è nato a Saigon in Vietnam. A 11 anni è tornato in Italia perché la famiglia voleva evitare di trovarsi in una guerra civile. Nel paese lui non è mai tornato: «Prima perché non si poteva, poi perché ho rifiutato l’idea di tornare in quei luoghi così tanto amati. Forse dovrei ripensarci. Ho ancora nostalgia del Vietnam, il ricordo impresso di quegli anni di libertà spensierata, il cibo, il caldo che impari ad accettare», spiega nel colloquio con Andrea Laffranchi. Ricorda quando lo definivano «Piccolo e brutto»: «Mi ha fatto male. Ma mi ha anche fatto cantare. Fu una specie di reazione. Avevo un complesso di inferiorità per la statura. E poi parlavo anche poco. Non ho mai pensato di essere un personaggio presentabile per la tv. La parte mentale è condizionata da quella fisica: non fu piacevole, ma con la musica ho trovato la rivalsa. Ho capito che dovevo accettare il mio aspetto, che ero così… E alla fine tutti si sono accorti che il canto rimpiazzava quello che mancava altrove».
Aggressivo e potente
Il suo modo di cantare aggressivo e potente «all’inizio non piaceva a molti. Il primo produttore della RCA avrebbe voluto che cambiassi. Quello era il mio modo per esagerare la voglia di rottura totale con il passato. Mi ero ispirato alle voci nere, quelle che per esprimere un sentimento gridavano: Ray Charles, Otis Redding, Tina Turner… A quello stile ho associato la melodia italiana e l’idea, presa dai francesi, che i testi non dovessero dire solo “ti amo”». Il primo successo fu però nel ’74: «Bella senz’anima». «Anche in quel caso non era una donna, ma l’espressione della mia rabbia». In Italia venne censurata per un passaggio evocativo: «E quando a letto lui/ ti chiederà di più»… «Prima ancora devo dire che la casa discografica aveva bocciato tutto il mio album di debutto “Anima”. A un concerto che feci al teatro dei Satiri con Venditti e De Gregori, c’era anche Ennio Melis della RCA: colpito dai brani, decise di rifarli da capo affidando gli arrangiamenti a Ennio Morricone e Franco Pisano».