Il prete alcolista di Avellino: «Sì, ho un problema ma l’incidente non è colpa mia: ho bevuto due amari e uno spritz»
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Si chiama Don Florin Cipca ed è parroco ad Arcella il prete sospeso dal vescovo di Avellino dopo che i carabinieri lo hanno trovato alla guida in stato di ebbrezza. Cipca domenica 23 febbraio su un’Alfa Romeo ha invaso la carreggiata opposta e tamponato un’auto guidata da un trentenne. Nato in Romania 45 anni fa, è in Irpinia da 20 anni. Quella sera tornava insieme ad alcuni amici dopo una serata di bevute. «Monsignor Arturo Aiello mi ha sospeso dalle funzioni di parroco e mi ha invitato a ricoverarmi in una comunità terapeutica. Gli sono grato, mi ha offerto un’opportunità di riscatto, invitandomi anche a riflettere su come proseguire il mio ministero sacerdotale. D’altronde, non mi ha fatto mai mancare il suo sostegno, soprattutto nei momenti difficili. Mi è stato sempre accanto insieme al vicario», dice oggi al Corriere della Sera.
Il prete alcolista di Avellino
Il prete dà la sua versione dell’incidente stradale: «Dopo aver celebrato la messa, mi ero recato insieme a qualche amico ad Avellino. Una serata come tante, quattro chiacchiere in compagnia. Ho bevuto due bicchieri di amaro e uno spritz. Sulla via del ritorno ho tamponato l’auto che mi precedeva. Dopo l’incidente i carabinieri mi hanno sottoposto all’alcol test e hanno trovato un tasso alcolemico sopra la media, ma non sono stato io a provocare l’incidente».
Don Cipca dice che non è stata colpa sua: «Ho guidato per anni e non ho mai avuto problemi. Purtroppo, stavolta l’alcol mi ha tradito e mi hanno ritirato la patente. Sono felice che il ragazzo coinvolto nell’incidente non abbia riportato gravi ferite e che stia bene. Se avessi avuto la sensazione di essere poco lucido, non mi sarei messo al volante. Avrei chiamato qualcuno per farmi accompagnare a casa».
La pandemia e la dipendenza
La sua dipendenza, racconta a Michela Della Rocca, è iniziata «durante la pandemia. Ero parroco a San Biagio di Serino e ho visto tanti miei fedeli morire. Ogni giorno vedevo passare bare di uomini e donne dirette al cimitero, uno strazio. Poi ho contratto a mia volta il virus e sono rimasto a letto per un mese e mezzo, isolato da tutti. Da quel momento è iniziato tutto. In quel periodo ho chiesto a mio fratello, sacerdote anche lui, di portarmi un liquore per dimenticare tutto. Ho iniziato a bere, arrivando a ubriacarmi con il desiderio di morire. In quello stesso periodo sono stato operato al cuore e i miei familiari che vivono in Romania non hanno potuto nemmeno assistermi. Ho avvertito una grande sofferenza».
E rivela: «Adesso ho venti giorni per capire cosa fare, ma di certo dovrò partire da un percorso di recupero. Il primo obiettivo è quello. E valuterò anche la decisione di spogliarmi dell’abito talare».