Trump-Zelensky, cosa succede dopo la lite: lo stop alle armi, le terre rare, le due vie per l’Ucraina
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Lo scontro pubblico tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky ha almeno portato alla luce la frattura che si era creata tra Washington e Kiev. Da settimane il presidente degli Stati Uniti aveva preso di mira il leader ucraino, definendolo un dittatore e poi autosmentendosi e mandandogli segnali chiari sulla forza della Russia e sulla situazione sul fronte bellico. Secondo il diplomatico Giampiero Massolo la logica del tycoon è quella del più forte che si impone sul più debole. E quello di Trump non è un bluff: potrebbe davvero mollare Kiev. Per l’Ucraina gli sbocchi possibili sono soltanto due: o entra nell’Unione Europea. Oppure diventa «neutrale e disarmata, in una zona grigia tra sfere di influenza russe e americane».
Lo scontro
I rapporti tra Trump e Zelensky si sono inaspriti dopo la telefonata del 12 febbraio tra il presidente americano e Vladimir Putin. L’Ucraina teme di dover pagare il prezzo dello spettacolare riavvicinamento tra Washington e Mosca. L’amministrazione Trump sembra invece ossessionata dal fatto che Kiev non sia grata agli Usa, che le hanno fornito aiuti per la difesa contro la Russia. Ora la situazione è di rottura totale. Trump ha affermato sulla sua piattaforma Truth Social che Zelensky potrà tornare «quando sarà pronto per la pace». Il Segretario di Stato Marco Rubio ha chiesto al presidente ucraino di «scusarsi» dopo la rissa verbale. Per tornare al tavolo delle trattative, è stato l’avvertimento del tycoon, il presidente ucraino «deve dirmi che vuole la pace, che non vuole fare la guerra più».
Le conseguenze
Intanto un funzionario dell’amministrazione ha riferito al Washington Post che il commandr-in-chief sta valutando la possibilità di interrompere tutte le spedizioni di aiuti militari in corso verso l’Ucraina. La decisione riguarderebbe miliardi di dollari di radar, veicoli, munizioni e missili in attesa di essere inviati nel Paese. L’agenzia di stampa Afp ha riportato testualmente i discorsi tra le due delegazioni nello Studio Ovale. Zelensky: «Di quale diplomazia stai parlando, JD (Vance)? Cosa intendi?» Vance: «Sto parlando del tipo di diplomazia che fermerà la distruzione del vostro Paese. Signor Presidente, se mi è concesso, penso che sia irrispettoso da parte sua venire nello Studio Ovale e cercare di discutere di questo di fronte ai media americani. In questo momento, state costringendo le reclute ad andare in prima linea perché avete problemi di personale. Dovreste ringraziare il presidente (Trump)».
La lite
Zelensky: «Sei mai stato in Ucraina per vedere i nostri problemi? Vieni una volta». Vance: «Ho visto e letto e so cosa sta succedendo: state portando la gente lì per un tour di propaganda, signor Presidente. Negate di avere problemi di mobilitazione nel vostro esercito? E pensate che sia irrispettoso entrare nello Studio Ovale degli Stati Uniti d’America e attaccare il governo che sta cercando di impedire la distruzione del vostro paese?». Zelensky: «Sono tante domande. Cominciamo dall’inizio. Primo, durante una guerra, tutti hanno problemi, anche tu. Hai un oceano meraviglioso (che ti separa dall’Europa) e non lo senti ora, ma lo sentirai in futuro. (…)». Trump: «Non lo sai. Non dirci cosa sentiremo. Stiamo cercando di risolvere un problema. Non dirci cosa sentiremo». Zelensky: «Non te lo dico… sto rispondendo…». Vance: «È esattamente quello che stai facendo».
Lo stupido presidente
Poi si arriva al punto. Trump, arrabbiato: «Non siete stati soli. Non siete stati soli. Vi sono già stati dati, da questo stupido presidente (Joe Biden), 350 miliardi (di dollari) di equipaggiamento militare. E i vostri uomini sono coraggiosi, ma avevano il nostro equipaggiamento. Se non lo aveste avuto, questa guerra sarebbe finita in due settimane». Zelensky: «Certo che vogliamo fermare la guerra. Con garanzie». Trump: «Dici che non vuoi un cessate il fuoco? Ne voglio uno. Perché si ottiene un cessate il fuoco più velocemente di quanto si ottenga un accordo». (…) Trump: «Lui (Putin) vuole un accordo. Non so se tu vuoi un accordo. Ti ho dato il potere di essere un uomo forte, e non penso che saresti un uomo forte senza gli Stati Uniti. Il tuo popolo è molto coraggioso. Ma o fai un accordo o ti deluderemo. (…) Non stai mostrando alcun apprezzamento. E questa non è una buona cosa. Bene, penso che ne abbiamo viste abbastanza. Sarà un grande momento televisivo».
La strategia di Trump
In un’intervista a La Stampa firmata da Niccolò Carratelli Giampiero Massolo, ex segretario generale della Farnesina, oggi senior advisor dell’Ispi, spiega che «Trump non bada alla forma e, secondo me, non sta bluffando, potrebbe davvero chiamarsi fuori. Ha degli obiettivi precisi che vuole raggiungere». Il presidente vuole «un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina, costi quel che costi. In campagna elettorale ha promesso di mettere fine alla guerra e sa che i suoi elettori sono per lo più disinteressati alla questione e non vogliono più spendere soldi per sostenere Kiev. La seconda priorità, per l’appunto, è recuperare in fretta i soldi degli americani».
L’accordo sulle terre rare
L’accordo sulle terre rare non è stato firmato perché «non c’erano più le condizioni. Ma per Zelensky non firmare significherebbe esporsi alle ritorsioni di Trump. Mentre siglare l’accordo assicurerebbe comunque un futuro coinvolgimento degli americani in Ucraina». Secondo la logica di Trump, che è « quella del più forte che si impone sul più debole», «la cointeressenza sulle terre rare, la conseguente presenza di americani in territorio ucraino per gestire le operazioni minerarie ed economiche, già garantirebbe l’impegno sulla sicurezza. Concedere di più a Zelensky, invece, metterebbe a rischio il vero obiettivo di Trump, cioè staccare i russi dai cinesi».
Putin e Xi
Gli Usa, «come ha ammesso lo stesso Vance, non sono più in grado di fronteggiare due nemici contemporaneamente, quindi devono separare Putin da Xi Jinping, guidando in qualche modo l’uno contro l’altro. In quest’ottica, l’Ucraina è solo una parte della questione». E le prospettive per Kiev adesso sono solo due: «Un’Ucraina in Occidente, con una prospettiva di adesione all’Ue. Oppure un’Ucraina neutrale e disarmata, in una zona grigia tra sfere di influenza russe e americane. È evidente che sono due condizioni molto diverse, soprattutto per l’Europa, che è interessata a mantenere un’azione di deterrenza nei confronti della Russia».