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Terremoto Trump sulle aziende, Pfizer si riposiziona: «Vaccini marginali, la nuova sfida è il cancro». Pronti a spostare la produzione negli Usa

04 Marzo 2025 - 18:26 Simone Disegni
Il Ceo del colosso farmaceutico svela la nuova strategia agli investitori: «Era Covid alle spalle, ora mettiamo al centro le cure anti-tumore». Il messaggio alla Casa Bianca sulla Cina

Il mondo è cambiato, ed è tempo di voltare pagina anche per Pfizer. L’era della pandemia è alle spalle, certo, e dunque essere identificati come «l’azienda dei vaccini Covid» è ormai più un peso che un asset. Ma non è solo questo: ora alla Casa Bianca c’è di nuovo Donald Trump, e a guidare il dicastero della Salute un No Vax incallito (fino a prova contraria) come Robert F. Kennedy Jr. Una rivoluzione economica, culturale e geopolitica. Cui è bene allinearsi, e in fretta, per i colossi americani. I grandi player tecnologici lo hanno fatto a tempo di record, tanto da vedersi riconosciuti un posto d’onore già alla cerimonia di giuramento di Trump lo scorso 6 gennaio. Ma l’industria farmaceutica non è da meno. «L’intera industria e noi di Pfizer cerchiamo di essere il più vicino possibile alla nuova Amministrazione», ha detto papale papale il Ceo Albert Bourla lunedì 3 marzo a una conferenza con gli investitori Usa. Non che la vittoria di Trump fosse una sorpresa, dice sereno Bourla dialogando con Steve Scala di TD Cowen, né che questo avrebbe comportato «radicali cambiamenti». Però è innegabile che la tempesta politico-economica – dazi per mezzo mondo in primis – porterà «rischi e opportunità»: in proporzioni imprevedibili. Nel dubbio, meglio anticipare le mosse.

Il cambio di priorità negli investimenti

Prima valutazione certa di Pfizer, nell’ottica della «vicinanza» con la Casa Bianca: meglio spostare il focus delle attività dai vaccini, su cui la nuova Amministrazione è per lo meno scettica, a un altro settore altrettanto promettente, in ottica di business. «Sui vaccini iniziamo a confrontarci, ma concentriamoci invece sulle cose che possiamo fare insieme: il cancro, ad esempio». La ricerca di nuove cure contro i tumori – hanno evidentemente «annusato» dalle parti di Pfizer – a Trump & co. interessa eccome. E considerato che è già ora una delle quattro principali aree di attività dell’azienda, con importanti studi clinici in corso o in rampa di lancio, perché non premere un po’ di più sull’acceleratore? Maggiori investimenti e qualche nuovo prodotto – magari rigorosamente made in Usa – faranno certamente felici Trump e Kennedy Jr., è la scommessa. D’altra parte, ammette Bourla dialogando con gli investitori, dopo la manna del periodo pandemico Pfizer ha faticato a scrollarsi di dosso il «peso» di tutti gli investimenti e contratti firmati per fornire quei suoi vaccini, ed era in cerca di una nuova via per completare la transizione. Carpe diem, dunque. «Sarà tutto molto, molto diverso. Non saremo più l’azienda Covid. Saremo la cancer-plus company», sintetizza il manager di origine greca. Altrimenti detto, le cure anti-cancro al centro – «fiore all’occhiello» del nuovo modello di business; il resto – lotta all’obesità, vaccini – a integrazione.

Così la produzione può tornare negli Usa

C’è poi un altro aspetto che sta a cuore, e molto, all’Amministrazione Trump, ed è quello del reshoring, il riportare negli States la produzione industriale. Forse che Pfizer, così come gli altri competitor dell’industria farmaceutica, possono non farsi trovare pronti? Basta chiedere. Certo oggi un po’ per tutte le aziende del settore la «vasta maggioranza» della produzione di farmaci avviene all’estero – vuoi in Cina, vuoi in India, in Europa, a Singapore o altrove ancora. Ma a differenza di molti competitor, non rinuncia a pizzicare Bourla, Pfizer ha già la struttura di base pronta su cui poggiarsi dovesse rivelarsi necessaria una svolta. «Abbiamo già 13 siti di produzione negli Usa, alcuni anche molto grossi, e con tutte le capacità necessarie». Se si rivelerà necessario nel futuro più o meno prossimo, dunque, Pfizer non avrà problemi a spostare «rapidamente» almeno parte della produzione in America.

La sfida storica della Cina e la strada da seguire

Resta il fatto – non rinuncia a segnalare Bourla – che quella intrapresa dalla Casa Bianca nei confronti della Cina non pare proprio la strada più adatta. Certo, a Pechino hanno messo in piedi ormai da anni una strategia di sviluppo scientifico e industriale aggressiva e pure piuttosto vincente: protezione della proprietà intellettuale per i brevetti, accesso aperto a nuove imprese, mercato finanziario dinamico, etc. Tanto che, è innegabile, oggi la Cina è l’unico Paese sulla faccia della terra che può seriamente sfidare il dominio degli Usa nel campo delle scienze naturali. Ciò detto però, la via da seguire per gli States dovrebbe essere non quella di «tentare di bloccare la Cina», ma di «tentare di far meglio della Cina, di performare meglio di loro. Dunque tornare a quel che sappiamo fare meglio». Libero mercato e aperta concorrenza contro protezionismo: c’è ancora qualche chance che qualcuno alla Casa Bianca ascolti i consigli di Bourla e dei Ceo cresciuti nell’era della globalizzazione?

In copertina: Albert Bourla, Ceo di Pfizer, al summit di Davos del World Economic Forum – 19 gennaio 2023 (EPA/GIAN EHRENZELLER)

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