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Dazi, la contro-offensiva della Ue sull’acciaio: i produttori alla corte di von der Leyen per evitare la crisi

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Bruxelles punta a risollevare il settore, fondamentale sia per la Difesa che per il Green Deal, con un Piano di interventi che verrà annunciato il 19 marzo

Per portare a termine il piano di riarmo europeo promesso da Ursula von der Leyen non c’è bisogno solo di molti soldi, ma anche di molto acciaio. E non è un caso che i roboanti annunci della Commissione europea sulla Difesa siano arrivati proprio mentre a Bruxelles si è svolta la prima riunione del Dialogo strategico sul futuro del settore siderurgico. L’iniziativa serve a far sì che il comparto dell’acciaio non faccia la stessa fine dell’automotive. Per di più in un momento delicato come quello che si ritrova a vivere l’Europa, chiamata a rilanciare la propria economia e schivare i dazi minacciati dagli Stati Uniti di Donald Trump. D’altro canto, le tariffe del presidente americano hanno già colpito il settore dell’acciaio nel 2018. Questa volta, però, Bruxelles sembra intenzionata a giocare d’anticipo.

La crisi dell’acciaio in Europa e la corsa al riarmo

Lo schema lanciato oggi dalla Commissione europea ricalca quanto già visto negli ultimi mesi con altri due «dialoghi strategici», quello sull’agricoltura e quello sull’automotive: si ascolta ciò che hanno da dire tutti gli attori coinvolti – imprese, sindacati, associazioni di categoria e non solo – e si elabora un piano d’azione per il futuro della siderurgia europea, che sarà presentato il 19 marzo. La posta in gioco, d’altronde, è elevata. Non solo perché si tratta di un comparto strategico dal punto di vista geopolitico, ma anche perché gli impianti siderurgici impiegano direttamente e indirettamente 2,5 milioni di persone in Europa e generano un fatturato annuo di circa 130 miliardi di euro.

Per Bruxelles il rilancio dell’industria siderurgica è un passo imprenscindibile per dare sostanza agli annunci in tema di Difesa. Lo storico piano di riarmo annunciato da von der Leyen prevede infatti un drastico aumento della spesa in armamenti, che dovrà necessariamente andare di pari passo con un aumento della produzione di acciaio. La stessa Ucraina, ha detto la presidente della Commissione Ue, dovrà diventare «un porcospino d’acciaio», che risulti «indigesto per futuri invasori» come la Russia. C’è solo un problema con cui fare i conti: l’Europa non parte da una situazione di vantaggio. Anzi, nel 2023 la produzione siderurgica europea ha raggiunto il suo minimo storico con solo 126 milioni di tonnellate annuali. A livello mondiale, l’Ue produce appena il 6,8% dell’acciaio, contro il 54% della Cina, il 7,6% dell’India, il 4,7% del Giappone e il 4,4% degli Stati Uniti.

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EPA/Friedemann Vogel | Un’acciaieria del gruppo ThyssenKrupp a Duisburg, in Germania

Il ruolo dell’acciaio per il Green Deal

Dietro la crisi del comparto dell’acciaio c’è un mix di fattori: gli alti costi dell’energia, la concorrenza dell’acciaio importato dall’estero (in particolare dai Paesi asiatici) e l’effetto domino provocato dalla crisi dell’automotive, che ha fatto sentire il proprio peso anche sugli impianti siderurgici che riforniscono le case automobilistiche europee. Il destino della siderurgia, insomma, è legato a doppio filo con le questioni su cui Bruxelles più sembra intenzionata a insistere: il rilancio della competitività, il raggiungimento della tanto agognata «autonomia strategica» (in particolare dopo il brusco ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca) e la transizione avviata con il Green Deal. L’acciaio viene impiegato infatti in modo massiccio in tutte le clean tech: auto elettriche, turbine eoliche, pannelli fotovoltaici, reti di trasmissione e non solo.

I dazi di Trump e le quote concordate con Biden

I dazi di Donald Trump potrebbero però rovinare i piani della Commissione europea. Nel 2018, l’acciaio e l’alluminio furono due dei settori più colpiti dalle politiche protezionistiche del presidente americano. E l’impressione è che il copione possa ripetersi anche questa volta. «Se verranno confermati i dazi su acciaio e alluminio, gli europei risponderanno», ha assicurato il presidente francese Emmanuel Macron. Il piano originale di Bruxelles prevedeva di rinsaldare l’alleanza con Washington per fare da contrappeso allo strapotere dei Paesi asiatici sull’acciaio. L’irrigidimento dei rapporti tra Usa e Ue rende però la strada decisamente più in salita. Nel 2021, poco dopo l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, Bruxelles ottenne la possibilità di esportare una serie di quote di acciaio esenti da dazio per ogni triennio. Quelle garanzie, però, scadono a metà del 2026 ed è difficile che Trump accetti di prorogarle.

La strategia di Bruxelles

Di fronte a tutte queste incognite, la Commissione europea ha dunque deciso di giocare d’anticipo, annunciando un piano d’azione per la siderurgia europea il prossimo 19 marzo. La sfida sarà riuscire a rilanciare il settore e minimizzare l’impatto dei (probabili) dazi statunitensi, garantendo allo stesso tempo che la produzione di acciaio diventi sempre meno inquinante. Il documento su cui è al lavoro Bruxelles si affiancherà al già presentato Clean Industrial Deal, il piano per l’energia pulita che punta ad abbassare i costi energetici e aiutare le industrie pesanti ad affrontare il percorso verso le emissioni zero. «L’Europa ha un piano per la sua industria: dobbiamo produrre di più, produrre in modo pulito e produrre qui in Europa», ha commentato il commissario europeo alla Strategia industriale, il francese Stéphane Séjourné.

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EPA/Olivier Matthys | Stéphane Séjourné, commissario europeo alla Strategia industriale

Foto copertina: EPA/Christopher Neundorf | Un impianto siderurgico del gruppo Thyssenkrupp a Duisburg, in Germania

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