Salvini alza le barricate sul piano Ue di riarmo: «Debito per la guerra? Anche no». Le perplessità Pd: «Non è l’Europa che vogliamo»


Alzi la mano chi è a favore del piano di riarmo europeo da 800 miliardi (potenziali) lanciato questa mattina da Ursula von der Leyen. Il tema è delicatissimo, e oltre tutto nel progetto della Commissione pare esserci pochissimo spazio per risorse «fresche» da investire – la parte del leone sarebbe costituita da prestiti, dunque da nuovo debito. E così a poche ore dall’appello di von der Leyen all’Europa ad «assumere le proprie responsabilità», in Italia si fatica a trovare traccia di reazioni entusiaste. Solidissimo invece è il muro dei no e dei forse. «Per Ursula von der Leyen gli Stati europei possono fare debito solo per armarsi», affonda il colpo il vicepremier Matteo Salvini. Che lamenta come il piano della Commissione consentirebbe ciò che «non abbiamo potuto fare in questi anni per investire in sanità, in educazione e sostegno alle imprese e alle famiglie. È la via maestra per sostenere e lasciare i nostri figli in un continente in pace?». Solo ieri il leader della Lega aveva lanciato la chiamata in «mille piazze» il prossimo finesettimana «per chiedere la fine della guerra, nel momento in cui Macron e von der Leyen parlano di invio di truppe, di maggiori spese militari e di un esercito europeo». Posizioni che alzano la pressione sulla premier Giorgia Meloni, chiamata giovedì a delineare la posizione ufficiale dell’Italia sul piano al vertice straordinario dei leader Ue in programma a Bruxelles.
M5s contro «l’economia di guerra» Ue
All’arrembaggio contro la deriva «bellica» dell’Unione è anche – sul fronte delle opposizioni il Movimento 5 Stelle. Secondo cui il piano di riarmo firmato Von der Leyen «arricchirà le industrie belliche – che infatti continuano a macinare rialzi record in Borsa – e impoverirà i cittadini europei, scippando loro perfino i fondi Pnrr e Coesione». Un piano, aggiungono in una nota congiunta i capigruppo di Camera e Senato, Riccardo Ricciardi e Stefano Patuanelli, «che non ha nulla a che vedere con una difesa comune europea, ma solo con un aumento senza precedenti delle spese militari nazionali che non renderà più forte l’Europa ma favorirà anzi il ritorno a politiche di potenza nazionali e a pericolose divisioni. Un delirio guerrafondaio che va contro ogni logica e buon senso». Anche il M5s è pronto a scendere in piazza contro «l’Europa del riarmo e dell’economia di guerra» e a favore, invece, di «una Conferenza europea per la pace e la sicurezza e un’economia di pace, sviluppo sostenibile e solidarietà»: nella manifestazione nazionale indetta da Giuseppe Conte per il prossimo 5 aprile.
Le perplessità nel Pd e i distinguo di Renzi e Lupi
A coltivare più di qualche dubbio sulla forma che pare prendere il piano Ue sulla difesa sono però anche pezzi del Partito democratico. A rompere il silenzio su X è Andrea Orlando, ex ministro e voce dell’area di sinistra del partito: «Nelle parole di Von der Leyen non solo non c’è l’Europa che vorremmo, ma neppure qualcosa che assomigli ad un sistema di difesa comune», è la critica mossa dal deputato ligure. E se la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno lancia proprio oggi l’appello pubblico «Per un’Europa Libera e Forte», che chiede anche l’aumento delle spese militari e la costruzione di una capacità di difesa Ue per far fronte alle minacce esterne, s’attende ancora una presa di posizione della segretaria Pd Elly Schlein. Mentre Matteo Renzi dice genericamente nella sua E-news di oggi ai sostenitori che «servono investimenti in difesa, certo», ma ciò significa «non comprare pallottole, ma investire in ricerca, innovazione, start-up, laboratori di ricerca». E dalla maggioranza anche Maurizio Lupi pesa bene le parole: «La posizione del governo e di Noi moderati è molto chiara. Quello che noi stiamo proponendo non è il riarmo ma che finalmente l’Ue si doti di una difesa comune, che era il sogno di De Gasperi. Perché la migliore dissuasione contro la guerra è costituire una difesa comune».