È morto Bruno Pizzul, addio alla voce mitica degli Azzurri delle «Notti Magiche». Il ricordo di Meloni: «Icona intramontabile»


È morto lo storico telecronista sportivo Bruno Pizzul. Ne ha dato notizia il Tg1 Radio Rai. Pizzul è morto all’ospedale di Gorizia. Avrebbe compiuto 87 anni tra pochi giorni. Nato a Udine l’8 marzo del 1938, Pizzul fu assunto in Rai nel 1969 e l’anno seguente commentò la sua prima partita (Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia). Dalla Coppa del Mondo del 1986 è diventato la voce delle partite della Nazionale ed è stato il telecronista delle gare degli Azzurri in occasione di cinque Campionati del Mondo e quattro Campionati Europei, congedandosi nell’agosto 2002 (Italia-Slovenia 0-1).
L’omaggio dal governo
Oltre all’intero mondo del calcio, l’omaggio a Pizzul arriva anche dalla premier Giorgia Meloni, che lo ricorda come la voce delle «notti magiche azzurre, accompagnando milioni di italiani con competenza e passione, come un grande compagno d’avventure. Sei stato la voce storica del calcio italiano, un’icona intramontabile del giornalismo sportivo, destinata a rimanere per sempre nella storia dello sport e nei cuori di tutti noi. Ciao, Bruno Pizzul».
March 5, 2025
Pizzul tra i grandi commentatori
Pizzul ha rappresentato l’ultimo esponente di una prestigiosa tradizione giornalistica che ha raccontato lo sport, e in particolare il calcio, prima attraverso la radio e poi in televisione. Seguendo le orme di grandi cronisti come Niccolò Carosio, Sandro Ciotti, Nando Martellini, Enrico Ameri e Alfredo Provenzali, ha saputo trasmettere al pubblico le emozioni degli eventi sportivi, compensando con la sua voce l’assenza dei moderni strumenti tecnologici.
Le origini e l’inizio nel calcio
Nato a Cormons, in provincia di Udine, Pizzul si è spento a Gorizia pochi giorni prima del suo 87mo compleanno. Da giovane, ha affiancato gli studi alla pratica sportiva, concentrandosi in particolare sul calcio. Nel 1958 ha sostenuto un provino con il Catania, all’epoca in Serie A, insieme a un altro giovane friulano. Ricordava con ironia la scelta della dirigenza siciliana, che preferì lui per la sua prestanza fisica: l’altro ragazzo era Tarcisio Burgnich, destinato a una carriera di grande successo.
Dal campo al giornalismo
La sua esperienza da calciatore, nel ruolo di centromediano, fu breve e interrotta da un infortunio. Dopo il diploma classico e la laurea in giurisprudenza, si dedicò all’insegnamento di materie letterarie nelle scuole medie. Nel 1969, superò il concorso nazionale per radio-telecronisti e venne assunto dalla Rai, avviando una lunga carriera nel giornalismo sportivo.
La voce della Nazionale
Pizzul divenne il commentatore ufficiale della Nazionale italiana a partire dal 1986, prendendo il posto di Nando Martellini. Raccontò le vicende azzurre in cinque Mondiali e quattro Europei fino al 2002, in un periodo in cui l’Italia coltivava grandi ambizioni, ma senza riuscire a conquistare titoli. Nonostante le sue cronache abbiano accompagnato momenti epici, non ebbe mai l’opportunità di narrare una vittoria azzurra in una grande competizione internazionale.
Gli esordi e i momenti storici
Il suo debutto alla telecronaca risale all’8 aprile 1970 con Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia, che iniziò a commentare dal 16′ minuto a causa di un ritardo. La sua prima cronaca di una vittoria italiana in una finale europea arrivò il 16 maggio 1973, con il successo del Milan in Coppa delle Coppe contro il Leeds United a Salonicco.
L’Heysel: la cronaca più difficile
Uno degli episodi più dolorosi della sua carriera fu la finale di Coppa dei Campioni del 29 maggio 1985 tra Juventus e Liverpool, segnata dalla tragedia dell’Heysel. Anni dopo, ricordò quell’evento come “la telecronaca che non avrei mai voluto fare”, non per le difficoltà tecniche, ma per l’orrore di dover raccontare una tragedia umana.
Uno stile inconfondibile
Oltre alle telecronache, Pizzul condusse programmi iconici della Rai come Domenica Sprint, Domenica Sportiva e Sport Sera. Alcune delle sue espressioni, come «tutto molto bello» e «ha il problema di girarsi», sono entrate nel lessico comune. Era solito chiamare per nome Dino e Roberto Baggio, sottolineando un rapporto di grande familiarità. Fece anche brevi apparizioni cinematografiche nei film L’arbitro (1974) e Box office 3D (2011).
Un uomo fuori dagli schemi
Non prese mai la patente, per sua stessa ammissione, per semplice pigrizia, e preferiva spostarsi in bicicletta. Appassionato di giochi tradizionali come il tresette, il biliardo e le bocce, ricordava con nostalgia un’epoca in cui il rapporto con i calciatori era più diretto: li seguiva nei ritiri e spesso finiva per giocare con loro, conoscendoli oltre il campo.
L’eredità di una voce unica
La sua voce rimarrà per sempre legata alle ‘Notti magiche’ di Italia ’90. Sobrio ed elegante nel suo stile, si distingueva per una comunicazione essenziale e mai ridondante. In una recente intervista aveva dichiarato: «I telecronisti di oggi sono bravi, ma parlano troppo». Con la sua scomparsa, l’Italia perde non solo un grande giornalista, ma anche una voce che ha raccontato un pezzo della sua storia.