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Leonardo Caffo, perché il filosofo è stato condannato: «Pigmalione moderno. La ex vessata con violenza e manipolazione»

05 Marzo 2025 - 15:28 Ygnazia Cigna
Leonardo Caffo
Leonardo Caffo
Il filosofo, 36 anni, era stato condannato a quattro anin di carcere per maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti dell'ex compagna. Le motivazioni della sentenza

«Un pigmalione moderno con un comportamento che denota sempre una volontà manipolatoria e basato su schemi patriarcali del tutto inaccettabili». Così Leonardo Caffo è stato descritto dal tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza della condanna a 4 anni di carcere, decisa lo scorso 10 dicembre 2024. Secondo quanto messo nero su bianco dal giudice, il filosofo 36enne ha adottato «una serie di comportamenti mortificanti, vessatori, reiterati e costanti» contro l’allora ex fidanzata. Tutti atteggiamenti che avevano l’obiettivo di «farla sentire un soggetto debole e inadeguato, sia per la giovane età che per l’assenza di una posizione sociale definita». Il filosofo, scrive il giudice, le ha fatto sentire il peso che lui era una figura affermata e «non perdeva occasione di rammentarle quello che avrebbe dovuto fare e non faceva, quello che avrebbe dovuto essere e non era, non limitandosi a spronarla, ma apostrofandola con insulti inerenti alla sua persona, alle sue problematiche e famiglia». La violenza di Caffo è stata, si legge nella sentenza, sia fisica che verbale.

La manipolazione

Caffo è stato condannato per maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti dell’ex compagna, con cui ha una figlia. Nelle motivazioni della sentenza, viene inoltre citato un litigio preciso risalente all’agosto 2020 che finì con «una frattura scomposta» e «un accorciamento del dito» di lei. Sulla base di tutto questo, i giudici ritengono che «emerge chiaramente la capacità manipolativa dell’imputato non solo nei confronti della giovane donna, ma anche delle persone che frequentavano».

Il processo di Leonardo Caffo

Lo scrittore era finito al centro della polemica insieme a Chiara Valerio dopo che quest’ultima lo aveva invitato a Più Libri Più Liberi nonostante la dedica della kermesse fosse dedicata a Giulia Cecchettin, giovane vittima di femminicidio. «Mi diceva che mi dovevo ammazzare. Perché ero una fallita inutile. Mi dovevo buttare dal balcone per fare un favore a tutti», aveva raccontato la donna alla pm. «Continuava a ripetermi che io ero una idiota, una incapace, mi diceva che non avevo neanche le palle per denunciarlo, e che comunque mi avrebbe distrutta e nessuno mi avrebbe creduto».

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