«Sei una merda, solo una vacca da latte, malata psichiatrica»: cosa diceva Leonardo Caffo all’ex compagna


«Sei un merda, non vali nulla, figlia di mafiosi, menomata, malata psichiatrica». Queste sono solo alcune delle frasi rivolte dal filosofo Leonardo Caffo. E che gli sono costate la condanna a 4 anni per maltrattamenti e lesioni. «Chi ti credi di essere, solo una vacca da latte per tua figlia. Mantenuta, dovresti buttarti dalla finestra. Mi stai istigando, brutta psicopatica, apprensiva come quella vacca di tua madre e Morgana crescerà stupida e menomata come te con i tuoi disturbi alimentari…», le altre frasi riportate nelle motivazioni della sentenza. Dove si parla anche degli schiaffi e del dito rotto alla madre di sua figlia. Caffo era stato invitato da Chiara Valerio alla fiera Più libri più liberi. Poi aveva cancellato il suo intervento dopo le polemiche.
Caffo e il patriarcato
La Repubblica riporta stralci del testo in cui si racconta di una agazza «sofferente e umiliata» e di un tteggiamento «manipolatorio» con «schemi patriarcali del tutto inaccettabili». La giudice Alessandra Clemente ha parlato di atteggiamenti «svalutanti e mortificanti» dell’uomo e le «condotte che diverse volte sono sfociate in violenza», soprattutto verbale, ma in alcuni casi «anche fisica». L’ex fidanzata, che ha denunciato il filosofo nell’estate del 2022 — mossa non da «volontà di vendetta», bensì dal desiderio di uscire da una situazione «patologica» e «deleteria» — è stata ritenuta «del tutto genuina, logica e coerente». L’uomo non accettava le scelte della donna. La coinvolgeva in un gioco manipolatorio. Animato da «forte sentimento di gelosia o forse di possesso».
Rapporto malato
Il rapporto malato è iniziato nel 2019. Per i giudici sono emersi «comportamenti reiterati nel tempo» da parte di Caffo, «tesi a sottoporre la compagna a continue condotte di sopraffazione » e a «condizionamenti tali» da farla sentire «inadeguata, insicura, non all’altezza della situazione». Un «continuo controllo» che lui esercitava sulla donna, «mettendola in soggezione, criticandola sempre». Tanto che lei, all’inizio, finiva per essere «vittima delle abilità dialettiche dell’imputato». Lui, invece, è un «pigmalione moderno» con un «comportamento che denota sempre una volontà manipolatoria».