Le botte, il soffocamento, il corpo abbandonato. Così la perizia su Liliana Resinovich ha smontato la tesi del suicidio


Liliana Resinovich è morta «con elevatissima probabilità» nella mattinata del 14 dicembre 2021, giorno della sua scomparsa, e «non vi sarebbero elementi tecnico-scientifici che supportino l’ipotesi del suicidio». La nuova super-perizia sulla morte della 63enne, il cui corpo era stato ritrovato con un sacco nero in testa e uno sulle gambe venti giorni dopo nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste, chiarisce in otto sintetici punti i motivi per cui è necessaria «una profonda rivalutazione dell’intero procedimento», come ha detto il procuratore Federico Frezza. Otto punti in cui l’ipotesi che la donna si sia tolta la vita – come sembrava emergere dalla prima autopsia – viene smontata pezzo per pezzo, fino alla richiesta da parte dei periti di sottoporre a esame genetico nuovi elementi ritrovati sul cadavere di Liliana Resinovich.
Quando è morta Liliana
I risultati della perizia – a firma della anatomopatologa Cristina Cattaneo, dei medici forensi Biagio Eugenio Leone e Stefano Tambuzzi e dell’entomologo Stefano Vanin – sono raccolti in oltre 230 pagine. Proprio la nuova consulenza forense, depositata la notte di sabato 1 marzo, sembra dar forza all’ipotesi di omicidio volontario. La donna, infatti, sarebbe morta lo stesso giorno della sua scomparsa (il 14 dicembre 2022) e non, come stabilito dalla prima perizia, «oltre 62 ore prima del ritrovamento» avvenuto il 5 gennaio 2022. Una nuova datazione dedotta anche da elementi ambientali, che hanno sottolineato come «molto probabile» che il corpo sia sempre rimasto nel luogo dove poi è stato ritrovato, il boschetto dell’ex ospedale psichiatrico. Esclusa anche l’ipotesi di congelamento del corpo, riguardo al quale «non esistono elementi neanche lontanamente suggestivi».
Come è morta Liliana: il sacchetto, le lesioni sul corpo e le contusioni celebrali
Morta e rimasta nello stesso posto, ma Liliana Resinovich come ha perso la vita quel 14 dicembre 2021? La causa, spiega la perizia visionata da Open, è da ricondursi a «asfissia meccanica esterna», cioè dall’impedimento di ossigenazione da parte di un ente esterno. Niente a che vedere, dunque, con la lenta asfissia da sacchetto come ipotizzato dalla prima autopsia. Non solo. Prima del soffocamento, o contestualmente, Liliana Resinovich sarebbe stata picchiata sulla testa, sulla mano destra e «molto probabilmente in altre sedi, come torace e arti». Lesioni causate da «afferramenti, urti, compressioni, pugni e graffi», come già aveva anticipato l’amico della vittima, Claudio Sterpin, a Quarto Grado. In particolare, sul capo i periti avrebbero ravvisato «plurime contusioni cerebrali» subite dalla 63enne nei minuti prima della morte. La posizione delle percosse, però, risulta essere «in molteplici poli di impatto su differenti piani e in posizioni tra loro asimmetriche»: impensabile dunque che siano state causate da un evento accidentale o che sia stata la stessa donna a causarsele. È anzi «plausibile l’avvento di una terza persona».
Peli sul cadavere, chiesta analisi genetica
In poche parole, conclude la perizia, gli elementi analizzati permettono di spiegare la morte solo come un omicidio per «soffocazione esterna diretta» compiuta da una terza persona. Non risulta l’utilizzo di armi o altri elementi caratteristici, mentre sugli indumenti e sul corpo di Liliana Resinovich e nei sacchetti che avvolgevano la testa sono «emersi elementi piliferi» che gli esperti hanno chiesto di analizzare ulteriormente. In allegato alla richiesta di condurre nuovamente un esame genetico su tutti gli elementi raccolti e già campionati dagli inquirenti. Per cercare di andare oltre lo scambio di accuse tra marito e fratello della donna e individuare chi ha ucciso Liliana Resinovich.