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Le botte, poi la caduta nel fiume: «Alex Marangon picchiato prima di morire». Ma il medico legale non esclude il suicidio

07 Marzo 2025 - 17:12 Ugo Milano
autopsia alex marangon
autopsia alex marangon
La perizia è stata depositata pochi giorni fa in procura e parla di «segni di colluttazione», non ascrivibili alla caduta nel fiume. Il legale della famiglia: «Mancano risposte chiare da 8 mesi»

Una morte non per annegamento ma a causa di un forte trauma cranico, come dimostrano le lesioni sul capo. E lividi sul costato e sul viso, in particolare attorno all’occhio sinistro, provocate da forti calci. L’autopsia sul corpo di Alex Marangon, il 25enne veneto trovato morto tre giorni dopo la sua scomparsa il 29 giugno dopo aver partecipato a un rito sciamanico, non esclude l’ipotesi di suicidio. Sono però evidenti i segni di una colluttazione violenta prima della morte, scrive il medico legale Alberto Furlanetto nella perizia depositata pochi giorni fa in procura a Treviso. A riportarlo è La Tribuna di Treviso.

Le lesioni al costato e il trauma cranico

La festa a base di allucinogeni, l’incisione sulla pelle con il veleno di una rana amazzonica, l’assunzione dell’ayahuasca, decotto amazzonico illegale in Italia che crea miraggi. I primissimi risultati dell’autopsia, condotta lo scorso luglio, e l’esame tossicologico sul corpo del giovane avevano aperto di fronte agli inquirenti numerose strade per spiegare come fosse morto il barman 25enne. Secondo l’esame autoptico, solo alcune lesioni riscontrate sul corpo del giovane sarebbero compatibili con la sua presunta caduta nel fiume Piave dalla terrazza dell’Abbazia di Santa Bona a Vidor, dove si stava tenendo il rito. Molte altre, su tutte quelle al costato e intorno all’occhio sinistro, sarebbero invece riconducibili a violentissimi calci inferti al giovane prima della caduta. A sostegno della tesi secondo cui il 25enne sarebbe stato picchiato prima di morire, l’assenza di tracce di abrasioni da rami d’albero.

Il rito sciamanico e il racconto dei presenti

In tutto questo, però, la perizia non chiarisce se si tratti di omicidio o suicidio. I genitori del giovane al momento rimangono fermi sulla prima ipotesi. Anche perché quanto è successo la notte tra il 29 e il 30 giugno rimane ancora molto oscuro. Stando ad alcuni testimoni, Alex stava partecipando al rito sciamanico e appariva inquieto. Verso le due di notte, avrebbe chiesto di parlare ai due curanderos colombiani Jhonni Benavides e Sebastian Castillo, ospiti speciali. Si sarebbe poi allontanato dal gruppo, i due lo avrebbero seguito senza però riuscire a raggiungerlo. I due sciamani avrebbero raccontato agli inquirenti, prima di tornare in patria, di aver sentito un urlo e un tonfo dopo la fuga del ragazzo. Poi più nulla. In un memoriale destinato alla procura, consegnato dal loro legale, hanno ribadito che Alex avrebbe agito da solo, forse in preda a una crisi.

La posizione della famiglia: «Non è suicidio, mancano tracce su rami e foglie»

«Crediamo tecnicamente da escludere l’ipotesi del suicidio. Ricordiamoci che trovare un corpo ai piedi di un dirupo di 15 metri non consente alcun automatismo valutativo», così il legale della famiglia di Alex Marangon, Stefano Tigani, ha interpretato la relazione del consulente della procura. Uno dei nodi cruciali per l’avvocato Tigani è la mancanza di segni in corrispondenza della vegetazione su cui Marangon, se precipitato dalla terrazza, sarebbe dovuto cadere: «Come mai i vigili del fuoco non hanno trovato tracce del passaggio del corpo di Alex tra rami e foglie e come mai un torace che impatta su rami non presenti alcun segno sulla cute, come di fatto specificato dallo consulente della Procura?». Il legale ha poi criticato duramente chi accosta l’ipotesi di suicidio al risultato dell’esame tossicologico, in cui il giovane era risultato positivo all’ayahuasca: «Un’intenzionalità suicidiaria sulla base di una positività tossicologica o ancor peggio, sulla base del riferito di persone di cui non è nota neanche la condizione psicofisica all’epoca dei fatti in esame, è quantomai rischioso, ancorché offensivo nei confronti di chi, come i genitori e la sorella di Alex, attendono risposte chiare, ormai da oltre 8 mesi».

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