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Il gender pay gap cresce nelle fabbriche italiane: le metalmeccaniche guadagnano il 14% in meno dei colleghi uomini

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L'analisi della Fiom-Cgil: tra le lavoratrici donne percentuali molto più alte di contratti part-time. De Palma: «Recepire le direttive Ue sulla trasparenza del salario»

In Italia le metalmeccaniche guadagnano in media il 14,1% in meno dei colleghi uomini. È quanto emerge da un’analisi della Fiom-Cgil, pubblicata in occasione della Giornata internazionale della donna. Il sindacato ha preso in esame 1.072 rapporti periodici sul personale nelle aziende metalmeccaniche per un totale di circa 450mila dipendenti. Dal 2022 al 2023 – i due anni presi in considerazione dal report – emerge un aumento dell’occupazione sia per le donne che per gli uomini, seppur con ritmi diversi. Quella femminile cresce infatti del 4,94%, mentre quella maschile cresce quasi del doppio in termini assoluti: 8.423 contro 4.504.

Più donne in part-time e smart-working

Il gender gap nella categoria dei metalmeccanici diventa particolarmente evidente se si guarda ai contratti part-time: per gli uomini rappresentano appena l’1,1%, per le donne il 12,2%. Stesso discorso anche per quanto riguarda il lavoro agile, ossia quei contratti che garantiscono una certa flessibilità spaziale (lavoro da remoto) o temporale. Dall’analisi dei rapporti sulle pari opportunità emerge che gli uomini con contratto di lavoro agile sono il 25,6%, mentre tra le donne sono il 40,1% del totale.

Il gender gap salariale nelle fabbriche

Per quanto riguarda il salario, il gender pay gap tra nell’industria metalmeccanica è passato dal 13,5% del 2022 al 14,1% del 2023. Complessivamente, le donne rappresentano il 21,4% dei lavoratori della categoria, ma ricevono solo il 18,9% del monte retributivo annuo lordo. Se si guarda al salario accessorio – ossia la parte di retribuzione non contrattata collettivamente insieme ai sindacati – la disuguaglianza tra uomini e donne aumenta ancora di più, toccando il 25,3%. Va detto, però, che il gender gap non è uguale in ogni settore produttivo. Nella siderurgia e nell’impiantistica, per esempio, sono le donne a guadagnare più degli uomini, mentre in tutti gli altri comparti la situazione si ribalta. Nell’automotive le lavoratrici donne guadagnano il 15,1% in meno dei colleghi uomini nella retribuzione strutturale, nell’elettrodomestico il 24,7% in meno, nell’informatica il 18,7% in meno.

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L’appello della Fiom: «Recepire subito la direttiva Ue sulla trasparenza salariale»

Di fronte a questi dati, la Fiom-Cgil chiede innanzitutto al governo di recepire la direttiva europea sulla trasparenza salariale. Il provvedimento approvato lo scorso anno prevede infatti una clausola volta a contrastare il gender pay gap: se la rendicontazione di un’azienda dovesse mostrare un divario retributivo di almeno il 5% tra uomini e donne, i datori di lavoro saranno costretti a valutare misure correttive. Il sindacato punta poi sulla trattativa in corso con gli industriali per il rinnovo del contratto collettivo di categoria. «I metalmeccanici hanno nelle proprie mani il contratto per migliorare la situazione e anche i salari delle donne. Il contratto nazionale dei metalmeccanici è stato il primo che ha introdotto tre mesi in più per le donne vittime di violenza», ha ricordato Michele De Palma, segretario generale della Fiom. A otto mesi dall’inizio delle trattative, aziende e sindacati non hanno ancora trovato un accordo, con Cgil, Cisl e Uil che hanno proclamato uno sciopero unitario per il 28 marzo.

Foto copertina: Dreamstime/Korn Vitthayanukarun

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