Kamala Harris torna in campo? La tentazione California dopo la batosta di Trump: «Deciderò presto»


Fallita la corsa alla Casa Bianca, Kamala Harris potrebbe tentare l’assalto alla California. Ancora niente di ufficiale e nemmeno di ufficioso, ma la tentazione di tornare a correre, questa volta per guadagnarsi la poltrona di governatrice, pare si sita facendo sempre più forte. Lo riporta la testata Usa Politico, secondo cui la decisione dell’ex vice di Joe Biden dovrebbe arrivare entro la fine dell’estate 2025. Se dovesse farcela, Harris diventerebbe la prima afro-americana nella storia degli Stati Uniti a guidare la California. Nello Stato d’altronde la democratica ha ancora ben vivi profondi legami politici, eredità della sua carriera da procuratrice generale e poi da senatrice della California. Tanto che dentro i gangli dell’amministrazione c’è chi già le starebbe preparando il campo. Anche perché, come ha spiegato l’attuale procuratore generale Rob Bonta, se dovesse presentarsi ufficialmente come candidata Kamala Harris «farebbe piazza pulita».
La scadenza fissata da Harris
A fissare la scadenza per il termine dell’estate sarebbe stata la stessa ex vicepresidente americana in una festa che si è tenuta prima della cerimonia degli Oscar, lo scorso fine settimana. Avvicinata da un partecipante che le ha chiesto quando avrebbe deciso se intendesse correre per diventare governatrice del suo Stato natale, Kamala Harris avrebbe rimandato la decisione ai prossimi agosto e settembre. Questione di mesi, insomma, come la stessa Harris avrebbe riferito a sostenitori e stretti alleati nelle ultime settimane. «Rimarrò in questa battaglia», ha assicurato, promettendo di non uscire di scena dopo la batosta subita dall’attuale presidente Donald Trump alle elezioni di novembre scorso. Rimane però da capire – forse lei stessa deve ancora decidere – se parla di una possibile nuova corsa alla Casa Bianca nel 2028 o proprio della “sua” California.
La tentazione del Golden State
Colloqui formali in vista della sua candidatura non ce ne sono stati, assicurano i suoi collaboratori più fidati. Il 3 novembre 2026, però, il Palazzo del governatore a Sacramento sarà lasciato vuoto da Gavin Newsom, al suo secondo e ultimo mandato. E mentre per la Casa Bianca Kamala Harris dovrebbe superare vari scogli, prima di tutto quello di primarie che si prospettano non poco agguerrite, nel Golden State la situazione politica sembra tutta a suo favore. Non solo perché la ex vicepresidente ci ha già lasciato il segno, lavorando prima come procuratrice di San Francisco e della California e poi come senatrice al Congresso, rappresentando proprio lo Stato che si affaccia sul Pacifico. Ma anche perché si garantirebbe la gestione della quinta economia dell’intero mondo senza fare troppi sforzi.
Tabula rasa in California, i possibili candidati già si ritirano
I suoi consiglieri storici, dal capo dello staff Sheila Nix a Kristen Allen fino a Brian Nelson, sono rimasti con lei e rimangono parte del suo gabinetto. Altri collaboratori le stanno tenendo aperte tutte le strade, soprattutto quelle che portano in California. Aspettano solo il segnale definitivo. Al contempo, non sono pochi i potenziali candidati per il 2026 che all’idea di sfidare Harris hanno già fatto qualche passi indietro. Su tutti il procuratore generale Rob Bonta: «Spero (Kamala, ndr) si candidi. Se lo farà, sono già pronto ad appoggiarla ma solo lei sa la risposta». A Politico Bonta ha rivelato il motivo per cui non proverà a candidarsi: «Kamala farà piazza pulita. Se qualcuno vuole provarci, gli dirò: “Dovresti smetterla perché sta spazzando via tutti?”. Assolutamente no. Possono candidarsi, ma penso che perderanno». Come lui, anche l’ex deputata democratica Katie Porter e la vice-governatrice Eleni Kounalakis hanno anticipato che non correranno contro Harris. L’unico che al momento non sarebbe disposto a cederle il passo sarebbe l’ex sindaco di Los Angeles Antonio Villaraigosa. Ma di fronte al «riconoscimento del nome (di Kamala Harris, ndr), la sua popolarità e la capacità di condurre una campagna», anche i collaboratori di Villaraigosa hanno i loro seri dubbi.