Il corteo di Non una di meno a Roma e le critiche al ddl sulla violenza di genere: «Pura propaganda»


La marea fucsia del collettivo transfemminista “Non una di meno” si snoda anche quest’anno, 8 marzo 2025, tra le strade della Capitale. Il seguito è impressionante: migliaia di persone di ogni età sono scese in piazza per «ribellarsi al patriarcato, alla guerra, al governo, al ddl sicurezza e per rendere visibili tutte le lavoratrici sfruttate e precarie». Tra le prime fila, una bambina alza con orgoglio un cartello «Voglio vivere ed essere libera». «Lasciamo da parte i protagonisti, gli uomini, almeno per oggi», urlano le organizzatrici dal carro che apre il corteo. Un unico carro, sì, ma non certo per partecipazione ridotta. Anzi, la manifestazione è altrettanto vivace e potente rispetto alle edizioni passate. A differenza del 25 novembre però, quando la Giornata contro la violenza sulle donne richiama tutte le sedi locali del collettivo a convergere a Roma, l’8 marzo è una manifestazione che nasce e cresce grazie all’impegno delle singole realtà locali. Sul lato del carro un enorme 104: il numero delle donne rimaste vittime di femminicidi nel 2024. Le tante Giulia Cecchettin. La giovane viene ricordata su uno striscione «Giulia è viva e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai».
Critiche al ddl sulla violenza di genere
Le critiche al governo sono dure. Il corteo punta il dito contro diverse politiche e disposizioni, a partire dal disegno di legge (ddl) sulla violenza di genere presentato ieri dal ministro della Famiglia, Eugenia Roccella, e dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, di cui sono i firmatari. «Pura propaganda – gridano dal carro – vogliamo molto di più. Vogliamo il salario minimo europeo, l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole, vogliamo essere libere di uscire di casa senza temere molestie. Vogliamo una cultura che rispecchi davvero la nostra vita e i nostri desideri. Vogliamo una società che ci permetta di vivere pienamente, dalla scuola alla pensione, con la possibilità di coltivare i nostri sogni. Fermiamo la guerra e riprendiamoci la vita. Vogliamo tutto questo e molto di più».
Gli attacchi al ministero dell’Istruzione
Il collettivo ha portato con sé le storie di chi vive sulla propria pelle le difficoltà quotidiane dell’essere donna. Le storie sono state raccontate direttamente dalle protagoniste: al microfono, maestre, assegniste di ricerca, dottorande. Non mancano le critiche al ministero dell’Istruzione e del merito, guidato da Giuseppe Valditara, accusato di ignorare le reali necessità delle donne nel sistema educativo e lavorativo. «Oggi siamo qui per dire no a un sistema culturale che si basa su un lavoro ampiamente femminilizzato, precario, con contratti iniqui e salari ben al di sotto della soglia di povertà», affermano le manifestanti. «Non abbiamo niente da festeggiare, non vogliamo più essere grate per le briciole».
No al “modello Caivano” al Quarticciolo
Le critiche al governo si allargano all’iniziativa del ministero della Cultura, che per la Giornata Internazionale della Donna ha previsto l’ingresso gratuito delle donne nei musei statali. «Questo è il massimo che riescono a fare», le repliche. Duri attacchi anche al modello Caivano, il nome del comune napoletano che il governo ha scelto come esempio di riqualificazione delle periferie più difficili d’Italia. Ora l’Esecutivo sta cercando di replicare lo stesso approccio anche al Quarticciolo, un quartiere romano con una lunga tradizione di sinistra, che negli ultimi mesi ha avuto gravi problemi di sicurezza e ordine pubblico. «Ai problemi non si può rispondere con la polizia, quello di Quarticciolo è il vero modello, con un doposcuola, un ambulatorio – ribattono le femministe di Non una di meno – è solo insieme che possiamo sconfiggere la violenza».