Il piano per salire a 135 mila soldati italiani «pronti», i carri armati vecchi e i tempi. I dubbi di Meloni sull’atomica di Macron e l’idea della missione Onu a Kiev


Serviranno anni perché sul piano militare l’Italia riesca a recuperare i ritardi con gli altri Paesi alleati. Il lavoro dello Stato Maggiore della Difesa su spinta del governo intanto è iniziato, con l’obiettivo di addestrare fino a 40 mila militari in più. Come scrivono la Stampa e Repubblica, le truppe italiane arriverebbero così a circa 135 mila soldati. Una crescita di oltre un terzo che potrà contare non più su riservisti, come si pensava fino a poco tempo fa, ma su militari «pronti» tra i cinque e gli otto anni, a seconda di quali saranno le necessità di sicurezza nazionale.
L’industria bellica da riattivare
Per il piano di riarmo italiano, il governo valuterà anche le risorse messe in campo dal ReArm Europe lanciato dalla Commissione europea di Ursula von der Leyen. Ma difficile immaginare che l’Italia riesca a raggiungere i primi obiettivi prima di 10 anni. La lunghezza dei tempi non è solo legata all’addestramento dei militari. Ma c’è da rimettere in moto l’intera catena di approvvigionamento. Un’intera industria da riattivare, dalle forniture di acciaio, al reperimento delle componenti elettroniche e quelle meccaniche.
I carri armati vecchi
Senza considerare che i problemi per le forze italiane riguardano i limiti logistici. Come sostengono diversi generali dell’Esercito alla Stampa, il nodo è accelerare il trasporto dei mezzi: «Non abbiamo vettori aerei con cui trasportare carri armati. In Iraq li portavamo in nave. E i carri armati che abbiamo in dotazione sono vecchi. Abbiamo dovuto ammodernare gli Ariete, mentre gli americani hanno i Leopard2».
I dubbi sul piano di Macron e l’atomica
Per quanto Giorgia Meloni ha ribadito di non voler inviare soldati italiani in Ucraina, soprattutto a fronte del disimpegno di Donald Trump, un’apertura italiana al piano di Emmanuel Macron potrebbe arrivare. Come scrive la Stampa e il Messaggero, la linea italiana resta di cauto attendismo, che non vuole passare per inazione. Al tavolo della «coalizione dei volenterosi» che si riunirà martedì a Parigi, l’Italia con il capo di Stato Maggiore, il generale Luciano Portolano, si siederà con un «atteggiamento laico», per quanto diffidente sul protagonismo francese. Soprattutto sulla proposta dell’«ombrello nucleare» di Parigi. Come scrive il Messaggero, un errore secondo la premier riaprire il dibattito sull’atomica europea oggi. Si darebbe per scontato il disimpegno americano, scenario tanto prematuro quanto poco auspicabile.
La missione italiana con Onu o Nato
L’ambizione del governo italiano è allargare la missione in Ucraina andando oltre lo schema europeo proposto da Macron. Stando ai retroscena sui quotidiani di oggi, l’Italia sarà disposta a valutare un proprio impegno militare solo sotto l’egida dell’Onu, provando fino all’ultimo a un coinvolgimento della Nato, quindi degli Stati Unit. Non aiuta su questo fronte la volontà della Casa Bianca di ridurre drasticamente la propria presenza militare in Germania. Ma palazzo Chigi insiste perché si costruisca una coalizione quanto più larga possibile, che coinvolga per esempio anche Turchia e Australia. Ma anche India, Giappone e Paesi arabi.