«Vi spiego chi è davvero Donald Trump e perché tutto è truccato»


Roger Stone è stato il primo stratega politico di Donald Trump. Ha insistito per farlo correre per la Casa Bianca dagli anni Ottanta. Dopo aver iniziato la sua carriera con Richard Nixon, il 72enne ha raccontato la storia nel documentario Netflix Get me Roger Stone. E oggi con il Corriere della Sera spiega che si definisce un «agente provocatore», ma oggi non è più in prima linea. Perché è finito nelle indagini per collusione russa nelle elezioni Usa: «Due anni e mezzo indagato per crimini inesistenti, ho perso la casa, l’assicurazione, i risparmi, l’abilità di uscire in pubblico. Dopo una dura prova personale così ti riavvicini a Dio». La sua regola è «Nothing is on the level». Ovvero «Tutto è truccato».
Le origini italiane di Stone
La madre di Stone, cresciuto nel Connecticut, si chiamava Gloria Rose Corbo ed era italiana: «Mi scoprì a fumare e mio padre mi punì con la cinghia perché glielo chiese lei. Lui scavava pozzi idrici per le case, andava alle 5 del mattino e tornava alle 5 del pomeriggio coperto di fango, sei giorni a settimana, senza mai lamentarsi. Io volevo fare l’attore, sarei morto di fame». Ora spiega una delle tattiche di Trump rese popolari dal film the «Apprentice»: «Attacca, attacca, attacca — non essere mai in difesa». Trump l’ha conosciuto negli Anni Ottanta e l’ha reclutato insieme al padre per la campagna elettorale di Ronald Reagan: «Dopo l’elezione sono stato assunto come consulente nella sua società di gioco d’azzardo, facendo marketing e altre cose, non terribilmente eccitanti, ma siamo diventati amici».
Trump vince grazie a sé stesso
Stone dice che Trump vince grazie a sé stesso. Non per i consigli dei suoi strateghi: «Chiede opinioni, ma non viene gestito, preconfezionato o sceneggiato da nessuno. Fa sempre ciò che vuole. È questo il problema di “ The Apprentice” . Trump ha creato Trump». Dice che non bisogna mai ripetere le accuse altrui, come nel caso del saluto romano: «Perché ripetere le accuse, che magari alcuni non hanno sentito? Ma io non vado agli eventi facendo questo gesto (fa il saluto romano, ndr ), faccio quest’altro (braccia aperte con il segno della vittoria, il saluto di Nixon, ndr ), da quando avevo 19 anni e funziona ancora».
La ferocia e la rabbia
A Viviana Mazza illustra la regola 55: «Non arrabbiarti, pareggia i conti… sii sempre pronto a mostrare ferocia, mai vera rabbia». Trump prova rabbia? «Ci sono momenti in cui è stato arrabbiato, è legittimo: quale ex presidente è stato trattato così? Però non l’ho mai visto scoraggiato, sconfitto o depresso, ma sempre ottimista e certo che avrebbe vinto. Chi altri avrebbe subito commercializzato la foto segnaletica?». Per Trump è tutto una transazione: «È un uomo d’affari. Ma anche Reagan lo era, nei confini delle sue convinzioni. Ci sono cose su cui non accetterà transazioni, come indebolire il nostro esercito o accordi commerciali a nostro svantaggio».