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La moglie di Gianluca Di Gioia ucciso da uno squalo a Marsa Alam: «Ho urlato e gridato aiuto, non veniva nessuno»

11 Marzo 2025 - 07:12 Alba Romano
gianluca di gioia laurence moglie morte squalo marsa alam
gianluca di gioia laurence moglie morte squalo marsa alam
Laurence racconta: «Mio marito non è stato imprudente, non ha varcato alcuna soglia inibita, non ha sfidato il suo destino»

Lo scorso 29 dicembre Gianluca Di Gioia, romano, 48 anni, è stato aggredito da uno squalo mentre trascorreva le vacanza di Natale con la famiglia nel resort Sataya di Marsa Alam, in Egitto. A tentare di dargli aiuto un altro italiano, Giuseppe Fappani, 69 anni, che è rimasto gravemente ferito. Oggi Laurence, moglie di Di Gioia, parla con il Corriere della Sera «per risarcire la memoria di Gianluca e raccontare chi era veramente». Nel colloquio con Alfio Sciacca dice che «per mesi ho ascoltato, letto e rivissuto il dramma, senza mai replicare. Io e il resto della nostra famiglia eravamo presenti e siamo testimoni diretti. Mio marito non è stato imprudente, non ha varcato alcuna soglia inibita, non ha sfidato il suo destino».

Il destino e Gianluca

I due quel giorno erano assieme in acqua. Poco distante c’era la cognata di lei Alessandra. «Eravamo nella zona cosiddetta sicura, al di qua delle boe che indicano l’inizio delle acque più rischiose. Nessuno ci aveva allertato di un possibile pericolo. Ovviamente parliamo di boe che galleggiano in acqua. Sotto non c’è una recinzione che possa bloccare l’arrivo di uno squalo», racconta Laurence. «Stavamo facendo snorkeling quando ho visto lo squalo. Era a meno di due metri e puntava dritto verso Gianluca. Ho cominciato a urlare, gli ho detto di allontanarsi, ma in un attimo lo ha aggredito. Ho continuato a gridare con tutte le mie forze, chiedevo disperatamente aiuto, ma non arrivava nessuno. Né un bagnino, né un mezzo di soccorso. Quando poi sono giunta al pontile il bagnino l’unica cosa che faceva era soffiare in un fischietto. Quell’inutile fischio ce l’ho ancora in testa e non potrò mai dimenticarlo».

Il fischietto

«Fischiava, ma nessuno si decideva a mandare un mezzo di soccorso. Una lentezza esasperante. C’erano due gommoni legati, ma non trovavano le chiavi. E quando finalmente sono riusciti e hanno riportato Gianluca sul pontile hanno perso altri dieci minuti prima che arrivasse una macchinina che lo ha portato in un ambulatorio», conclude. La madre di Gianluca, Angela, spiega che c’era anche lei: «Dal pontile ho sentito urlare prima ancora di capire che fosse mio figlio. Ricordo una voce energica, di una persona ancora in forze. Se fossero intervenuti subito, se fosse parito il gommone, se gli avessero legato la gamba bloccando la perdita di sangue mio figlio forse sarebbe ancora vivo. Invece non hanno fatto nulla. Non avevano nulla. Neanche i gommoni erano del resort».

Giuseppe Fappani

A tentare di salvarlo è stato Giuseppe Fappani: «Era in acqua e non ha esitato un momento. Con sangue freddo ce l’ha messa tutta, riportando anche gravi ferite. Non smetteremo mai di ringraziarlo per il suo gesto». Erano in vacanza con il figlio di lei, che ha 10 anni, i suoceri e la cognata Alessandra con il compagno. Una causa contro il resort non è all’orizzonte: «Non lo so e in questo momento non è quello che ci interessa. Ciò che vogliamo ora è che sia fatta giustizia del ricordo di Gianluca. Vogliamo in primo luogo un risarcimento della sua immagine e che venga ristabilita la verità dopo tante bugie che abbiamo sentito. Gianluca era una persona prudentissima. Grande viaggiatore, cittadino del mondo, rispettoso delle regole e della natura. Con il senno di poi l’unica imprudenza è stata quella di scegliere un luogo di vacanza non organizzato e non attrezzato per fronteggiare le emergenze».

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