I fondi per gli sportelli anti violenza negli atenei potranno essere usati contro i «disagi emotivi» degli studenti


Lo scorso venerdì, durante il Consiglio dei ministri che anticipava la Giornata internazionale delle Donne dell’8 marzo, la ministra dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, ha annunciato la firma di un decreto che prevede l’erogazione di 8,5 milioni di euro per l’attivazione di sportelli anti-violenza negli atenei. Un’iniziativa pensata per garantire che «le università restino luoghi di alta formazione dove tutti possano sentirsi sicuri – ha sottolineato la ministra – Ho sempre chiesto ai rettori di dedicare particolare attenzione a questo tema». Questa misura si collega agli argomenti discussi nel Cdm di quella stessa giornata, che ha visto la presentazione, tra le altre cose, del ddl che introduce il reato di femminicidio. Tuttavia, una piccola postilla detta da Bernini, ha sollevato qualche dubbio riguardo all’effettivo utilizzo di questi fondi: «Saranno spesi nel rispetto dell’autonomia universitaria». Esaminando più da vicino il decreto, infatti, si scopre che questi fondi non saranno destinati esclusivamente per l’attivazione di sportelli antiviolenza, come inizialmente annunciato, ma saranno le stesse università a decidere come allocarli. Una sfumatura sostanziale.
Chiarimenti dal ministero
Dal ministero sottolineano che questa iniziativa si inserisce all’interno di un piano più ampio di misure pensate per promuovere il benessere degli universitari. Tra queste, spiccano quelle «mirate alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni di disagio psicologico ed emotivo degli studenti», incluse «le misure di prevenzione della violenza di genere e la tutela del benessere psicologico delle donne vittime di violenza». Fonti ministeriali chiariscono come l’investimento «non sia un’azione isolata, nè la prima». Infatti, solo lo scorso 25 novembre lo stesso ministero ha lanciato un bando da 20 milioni di euro per finanziare iniziative di ricerca per il supporto psicologico. «Abbiamo a disposizione i fondi, ma sono le università a decidere come utilizzarli», aggiungono. Questo potere decisionale è sancito dall’articolo 33 della Costituzione, che garantisce l’indipendenza dell’insegnamento dalla politica. «Non possiamo impartire direttive rigide, altrimenti verrebbero lette come ingerenze», aggiungono.
Solo 18 sportelli in tutta Italia
Proprio in questi giorni, Giovanna Iannantuoni, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), ha evidenziato in un’intervista alla Stampa l’urgenza di incrementare il numero di sportelli anti-violenza nelle università. Un’indagine interna sugli abusi, le molestie e le violenze di genere negli atenei italiani ha rivelato una realtà preoccupante: attualmente, gli sportelli dedicati sono soltanto 18. In tre università su quattro non esistono affatto. «Creare nuovi sportelli è un’operazione costosa e complessa. È fondamentale affidarsi a servizi esterni per evitare sovrapposizioni di ruoli e garantire l’efficacia dell’intervento. Ma è altrettanto cruciale avviare questo processo, che non solo promuove una cultura di maggiore sensibilità e prevenzione, ma innesca anche un meccanismo virtuoso che porterà all’apertura di ulteriori sportelli. È essenziale che di questi temi si parli apertamente, senza nasconderli sotto il tappeto», ha sottolineato la Iannantuoni.