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Vittorio Sgarbi sul ricovero e la depressione che lo ha stravolto: «Ci sono fantasmi che non posso allontanare»

Vittorio Sgarbi
Vittorio Sgarbi
«Ho sempre dormito poco» racconta il critico ricordando la sua vita precedente. «Ora passo molto tempo a letto»

Vittorio Sgarbi era apparso affaticato ed emaciato l’ultima volta che era apparso in pubblico. Qualche settimana fa, il critico d’arte aveva già fatto preoccupare il pubblico presente al Teatro Olimpico di Roma, dove aveva a fatica portato avanti il suo spettacolo intitolato «Arte e Fascismo». Come ha raccontato ad Antonio Gnoli su Robinson, l’inserto culturale di Repubblica, Sgarbi è stato ricoverato per una forte depressione. Fuori dalla «gabbia ospedaliera», come ha definito la clinica in cui era finito per un certo periodo, Sgarbi ha raccontato in diversi incontri con il giornalista come sta e come si sente: «Faccio fatica a fare tutto», ha ammesso.

L’ex sottosegretario ha raccontato di aver perso parecchi chili e di sentirsi costantemente affaticato: «Riesco a tratti ancora a lavorare. Ho sempre dormito poco. Ora passo molto tempo a letto». Finora la depressione era una condizione inedita per lui, che si è sentito travolto all’improvviso e che «non posso evitare. Come abbiamo il corpo così ci sono anche le ombre della mente, dei pensieri, fantasmi che sono con noi e che non posso allontanare».

Di certo il personaggio noto al pubblico di un tempo potrebbe restare solo nelle memoria collettiva, ma non esiste praticamente più. Lo Sgarbi provocatore, iracondo e rissoso sembra lontanissimo dall’uomo pacato di oggi che ammette di essere stato a lungo prigioniero della sua immagine: «Oggi lo vedrei come una parte di me distante, come un calore di fiamma lontano. Oggi guardo le cose senza il desiderio di essere coinvolto. Senza rappresentare una parte».

Quando prova a descrivere la sensazione che vive in questo momento, Sgarbi parla di «un treno che si è fermato a una stazione sconosciuta». Dice di aver iniziato ad affrontare la depressione attraverso «una fase di meditazione dolorosa su quello che ho fatto e sul destino che mi attende. In fondo le cose che ho scritto – continua il critico – le opere d’arte che vedi appartengono a un progetto di sopravvivenza. Qualcosa che rimanga e che si prolunghi oltre la vita». Come si immagina sul futuro è una domanda che lo mette in difficoltà: «È una domanda che non posso evitare sapendo oltretutto che la mia attuale malinconia o depressione è una condizione morale e fisica che non posso evitare. Come abbiamo il corpo così ci sono anche le ombre della mente, dei pensieri, fantasmi che sono con noi e che non posso allontanare».

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