Alberto Stasi parla dal carcere: «Sia fatta giustizia per Chiara». Perché non chiede la revisione del processo. La prova del pc che lo scagionava


«Ho fiducia che sia fatta piena luce, nella verità e nella giustizia. Soprattutto per Chiara». Alberto Stasi, per tramite dell’avvocata Giada Bocellari, ha rotto il silenzio dopo che ieri, martedì 10 marzo, le indagini sul delitto di Garlasco si sono clamorosamente riaperte. L’avviso di garanzia notificato ad Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, segue una nuova analisi del Dna trovato sotto le unghie della vittima, che anni fa era stato considerato «non utilizzabile» e che ora, invece, sarebbe riconducibile proprio a Sempio. Una notizia che di certo non ha colto di sorpresa Stasi, che sta ancora scontando una condanna definitiva a 16 anni per l’omicidio dell’allora fidanzata: «Alberto è molto razionale, ormai ha praticamente scontato la sua pena», ha detto la legale Bocellari, che per questo motivo ha anticipato che non presenterà al momento un’istanza di revisione. Un’opzione invece che sarà percorsa «quando avremo gli esiti della consulenza dei pm». Su Stasi ha poi aggiunto: «È fiducioso che sia fatta giustizia, perché lui si è sempre dichiarato estraneo. I media siano garantisti con Sempio, cosa che invece non furono con Stasi».
Il perito: «Quando Chiara fu uccisa, Stasi era al computer»
C’è voluto poco, dalla riapertura delle indagini sul delitto di Garlasco, perché persone attivamente coinvolte nella fase istruttoria del processo iniziato 18 anni fa tornassero a sottolineare i punti oscuri della vicenda. Su tutti Roberto Porta, ingegnere elettronico che lavorò come perito e consulente del gip da maggio 2009: «La verità emersa dal mio lavoro ha messo in evidenza un alibi che avrebbe dovuto far ripartire le indagini da capo», ha detto al Messaggero. In particolare, dalla perizia sul computer di Stasi risultò che «non utilizzò il computer per una finestra di appena 11 minuti. Nell’orario del decesso della giovane, tra le 9:27 e le 9:39, Alberto stava lavorando alla tesi di laurea. Poi venne spostato l’orario di morte». Da quel momento, confessa Porta, «da colpevolista ho capito che sarebbe stato impossibile per lui commettere l’omicidio». Anche perché alla perizia elettronica si sommavano anomalie, su tutte la presenza di un’altra persona – Andrea Sempio – «notata attraverso i tabulati telefonici e un scontrino che lui aveva conservato per più di un anno, risalente a un lunedì mattina quando molte attività erano chiuse». Elementi che, per Porta, non sono stati tenuti in conto: «Ci si è concentrati solo su di Stasi. Nonostante l’evidenza l’indagine non hanno preso in considerazione altre piste».
La posizione della famiglia di Chiara: «Il colpevole è Stasi, tanti in galera dicono di essere innocenti»
L’apertura delle indagini, anzi la riapertura, non è stata accolta con favore dalla famiglia di Chiara Poggi. Sia la madre che il padre, in alcune interviste rilasciate a diversi quotidiani italiani, hanno sottolineato il dolore di «una ferita che si riapre» e a cui non è dato modo di cicatrizzarsi. Entrambi hanno poi chiuso la porta a un clamoroso cambio di scena: «Quando avremo un po’ di pace? Non abbiamo nulla da commentare, per noi vale la sentenza definitiva della Cassazione su Alberto Stasi», ha detto la madre. Più duro il padre: «(Stasi, ndr) può dire quello che vuole, in galera è pieno di gente che dice di essere innocente». Una linea mantenuta anche dal legale della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni: «È il settimo tentativo di far cadere un giudicato, è davvero raro. Dopo la sentenza se ne sono occupati in totale una quarantina di magistrati, tutti sostenendo la piena responsabilità di Stasi. Ora attendiamo gli esiti di questa ulteriore inchiesta».