L’italiano medio, lo stereotipo becero e l’alternativo di provincia: le tre Italie che si sfidano all’Eurovision 2025


Il prossimo Eurovision Song Contest, in programma dal 13 al 17 maggio 2025 presso la St. Jakobshalle a Basilea, in Svizzera, sarà a trazione italiana. Lo certifica la presenza di Gabry Ponte in rappresentanza di San Marino, dopo l’annuncio del nostro Lucio Corsi e il successone di Espresso macchiato dell’estone Tommy Cash. Non ricordiamo casi analoghi nella storia della competizione europea, che esiste da quasi 70 anni ma solo negli ultimi presa in considerazione dal largo pubblico, certamente di più dalla vittoria dei Maneskin nel 2021. Una vetrina musicalmente trascurabile, sfideremmo anche i più audaci a ricordare titolo e melodia del brano vincitore di una qualsiasi edizione, in questo i Maneskin, che da lì si sono dati slancio per la conquista del globo musicale, possono essere considerati un’eccezione. Una vetrina che mette in competizione culture assai diverse quando, ed è la parte più penosa, non ci sono paesi che si appiattiscono su un pop generico in inglese, che nella maggior parte dei casi non è né carne né pesce e finisce nel dimenticatoio. Ma pur sempre di una vetrina si tratta, anche assai osservata, per dire, l’edizione 2024 è stata seguita da 163 milioni di spettatori, non una bazzecola. Allora a questo punto non rimane da chiedersi: questi tre brani, che così espressamente parlano del nostro paese, cosa racconteranno alla probabile gigantesca mole di spettatori collegati?
Lucio Corsi
Paradossalmente il brano che meno racconta la cultura italiana è proprio quello che porterà in gara l’artista che gareggerà per i nostri colori. Il fenomeno Lucio Corsi nell’ultimo mese, dal suo clamoroso secondo posto al Festival di Sanremo, è stato passato più e più volte ai raggi x. L’artista toscano all’Eurovision porterà Volevo essere un duro, attualmente 23 milioni di ascolti su Spotify, un brano che sta con entrambi i piedi nella nostra tradizione cantautorale ma nulla dice del nostro paese, anzi, forse canta l’esatto opposto di un trend machista che imperversa senza scrupoli nella nostra discografia. Quello che ci aspettiamo è una trovata scenografica particolare, sullo stile della deliziosa messa in scena con Topo Gigio durante la serata dei duetti del Festival. Solo così, a nostro parere, ma speriamo di sbagliarci, Corsi potrebbe avere una speranza di non finire nella parte oscura di una classifica che nella maggior parte dei casi parla un pop internazionale spudorato, quanto di più distante dalla visione della musica genuina e di provincia che il cantautore professa nella sua splendida musica.
Gabry Ponte
Sarebbe dovuto essere l’inno di apertura del mega evento di San Siro del prossimo 28 giugno, poi addirittura in gara al Festival di Sanremo, ma forse è andata meglio così. Già perché come sigla, idea di Carlo Conti, da svincolata, la canzone Tutta l’Italia, che ha spietatamente imperversato sulle serate sanremesi, ha avuto modo di partecipare al San Marino Song Contest e guadagnarsi l’accesso per rappresentare il microstato al prossimo Eurovision Song Contest. Gabry Ponte è uno dei dj più noti nel mondo, il che fa di lui uno degli artisti italiani più noti al mondo, specie a cavallo tra i due millenni, grazie alla fortuna del singolo Blue (Da Ba Dee), perla della dance all’italiana firmata con i compagni degli ei furono Eiffel 65 che finì perfino nella Billboard Hot 100, la più prestigiosa delle classifiche americane. Bisogna anche dire che Gabriele Ponte, così all’anagrafe, classe 1973, da quel genere trash dance non si è mai distaccato questo granché e in questo Tutta l’Italia si può considerare esemplare. La forza del brano sta sicuramente in questo effetto nostalgico per quel determinato periodo musicale, negli ultimi anni ripreso con perversa nostalgia. Per cui in molti, dinanzi a questa marcetta cafonal, a questo sapore industrial ben poco espressivo, invece di inginocchiarsi sui ceci ringraziando di esserci lasciati alle spalle quel periodo, si sono esaltati fino a questa celebrazione oggettivamente eccessiva. Ma di cosa parla questo pezzo al quale presta la voce Andrea Bonomo e che, senza nulla voler togliere al buon San Marino, è in tutto e per tutto italiano? Ecco, a questo proposito Gabry Ponte in un’intervista ha dichiarato, parlando di Lucio Corsi, di rappresentare «l’altra faccia della medaglia», non sarebbe potuto essere più preciso. Tutta l’Italia è un brano che riprende perfettamente la tipica abitudine italica di buttarla in caciara, una serie di cliché che si vanno a frantumare su un sound che invita a ballarsela e fregarsene. «Un paese di musichette mentre fuori c’è la morte» ci viene in mente citando quel capolavoro di Boris. Dentro ci troviamo di tutto, da «Siamo dei bravi ragazzi a posto/Spaghetti, vino e Padre nostro» a «E la Gioconda ride/Va bene, ma lei sta a Parigi», da «Quanti amici degli amici» a «Il calcio lo prendono a calci/La moda che fa degli stracci» fino addirittura ad un piuttosto azzardato «beato santissimo Craxi», che non si capisce fino a che punto sia stato scritto in modo ironico, ma non fa ridere per niente, quindi fa poca differenza. Per questa citazione tra l’altro San Marino ha dovuto interrogare l’EBU (European Broadcasting Union), che organizza l’Eurovision, che da regolamento vieterebbe riferimenti politici o religiosi nei testi delle canzoni, ma l’organizzazione ha dato il via libera. Ok per loro, ma c’è chi in questa immagine «leggerissima» dell’Italia, superficiale, parodistica e musicalmente bassa, non ci si ritrova. Vogliamo dargli tutti tutti i torti?
Tommy Cash
Se una parodia dell’italiano deve essere, meglio allora quella dell’estone Tommy Cash con Espresso Macchiato, soprattutto perché riflettersi nella visione che gli altri hanno di noi, dovrebbe farci ridere o riflettere. Invece il Codacons se l’è presa, invece la Lega, tramite il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, se l’è presa ancor di più, invocando l’EBU chiedendo l’eliminazione di Cash dall’Eurovision, richiesta rimasta al momento insoluta. Il pezzo, divertissment dal sapore electro-swing da quasi 5 milioni di stream su Spotify e altrettanti su YouTube, è diventato un tormentone a livello europeo, la divertente scongiura di avere del latte nel proprio caffè è effettivamente divertente, ma Espresso macchiato, con evidente ingenuità, va molto oltre. E se su «Ciao bella I’m Tommaso Addicted to tobacco I like my coffee very importante No time to talk mi scusi» ci si può fare una risata, meno su «I’m sweating like a mafioso», perché essere identificati con la malavita, cliché tanto antico quanto insopportabile, non può di certo farci piacere. Ma prima di mettere il broncio dovremmo considerare che Tommy Cash è un artista estone e se questa è la nostra immagine, certamente esacerbata, forse sarebbe meglio rifletterci su o, al limite, riderne amaramente insieme a lui. Centinaio ha detto: «questo cantante dovrebbe venire nel nostro Paese a vedere come lavora la gente perbene prima di permettersi di scrivere canzoni così stupide e piene di stereotipi», ma allora la domanda sorge spontanea: vale anche per i dj italiani che inneggiano a Craxi?