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Il Dna, «Ignoto 2», le scarpe 42 o 44: perché la nuova indagine su Chiara Poggi punta su Andrea Sempio

garlasco andrea sempio chiara poggi alberto stasi nuova indagine
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Nuove tracce biologiche sulle unghie della vittima. L'ipotesi di un delitto in concorso. L'impronta in bagno e quella del dispenser. E lo scontrino conservato per un anno. Tutto quello che non torna nella condanna di Alberto Stasi

Nell’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco non c’è soltanto un Dna che accusa Andrea Sempio. Ce ne sono due. L’altro, quello di un uomo, è emerso dalle tracce biologiche sui margini ungueali della vittima. E non è di Alberto Stasi. Potrebbe trattarsi di una contaminazione. Oppure della traccia di un’altra persona sul luogo del delitto. E altri elementi puntano Sempio. L’impronta delle scarpe misura 42, che aveva inchiodato il condannato. E che secondo una consulenza potrebbe non richiamare le Frau di Stasi. E lo scontrino del parcheggio di Vigevano. L’attuale indagato lo ha conservato per un anno in una cartellina trasparente. Su consiglio della madre. Oggi intanto si svolgerà la prova del Dna.

Ignoto 2

Il dato più importante è quello del secondo Dna. Quel campione, considerato degenerato, è invece una traccia di Dna leggibilissima secondo i consulenti della procura di Pavia. Marco Poggi, fratello di Chiara e amico di Andrea Sempio, è stato sentito dagli inquirenti. Presto toccherà anche alle cugine, le «Gemelle K», ovvero Paola e Stefania Cappa. Dopo l’estrazione del Dna di sempio un consulente dovrà analizzare il tampone e confrontarlo con il Dna del 2007. Secondo Ugo Ricci, consulente della difesa di Stasi, due di uei campioni sono compatibili con il profilo biologico di Sempio. Mentre Stasi può essere escluso. L’aggiunto Stefano Civardi e la pm Valentina De Stefano lavorano anche sulle tracce del dispenser del sapone che si trovava nel bagno di casa Poggi. C’erano due impronte anulari attribuite a Stasi.

Il dispenser

E hanno costituito una prova decisiva per la condanna. Perché nel bagno ripulito da cima a fondo dopo il delitto sono le uniche due impronte ritrovate. Poi c’è l’impronta della scarpa numero 42. Il Corriere della Sera scrive che una nuova consulenza dei difensori Antonio De Renzis e Giada Bocellari, avrebbe smentito la perizia del processo d’appello. Che collegava la taglia alla distanza tra i pallini dell’impronta evidenziata con il Luminol. Quei risultati, secondo gli esperti, si possono ottenere con altre taglie di scarpe. Il giudice Stefano Vitelli, ora alla sezione Riesame del tribunale di Torino, parla oggi con il quotidiano di quando da Gup di Vigevano ha assolto in abbreviato Stasi. «Per il quadro dell’accusa, e parlo ovviamente del primo grado, su Stasi c’era qualcosa che puzzava, detto con orribile termine da film poliziesco, ma sembrava mancare qualcosa che lo incastrasse», dice.

Il giudice e l’imputato

Vitelli dice che «con gli elementi che avevo, era sacrosanto assolvere Stasi. E quel che penso io nell’intimo poco importa, il nostro deve essere un lavoro laico. E poi, c’era il movente. Nell’ambito di un quadro incerto, che aveva dei punti oscuri ed equivoci, il movente sarebbe stato un elemento importante: e qui, il movente, non c’era». Sempio intanto oggi è atteso per il prelievo del Dna. Il suo avvocato Massimo Lovati ha fatto sapere che sta male. È sparito da casa sua a Voghera, non va più a lavoro nel centro commerciale di Casteggio. «La cosa più violenta subita? L’invasione della privacy, gli insulti e le minacce arrivate da persone che vedono i servizi in tv», aveva detto alle telecamere di Quarto Grado.

Le tre telefonate e lo scontrino

Sulle tre telefonate a casa Poggi mentre l’amico Marco era in vacanza aveva detto: «Io ricordo che una volta ho chiamato per sbaglio perché avevo memorizzato ambedue i numeri e chiamando dal cellulare per sbaglio ho chiamato casa». Secondo gli investigatori però il cellulare di Sempio ha chiamato casa Poggi 5 volte negli otto mesi prima del delitto: «Tre volte per il rientro di Marco a casa la sera (per avvertire i genitori) e due volte quando Marco è già partito per le vacanze in Trentino, ovvero il 7 e l’8 agosto 2007». Sullo scontrino, «è stato trovato da mio padre o mia madre sulla macchina qualche giorno dopo il fatto. Mia madre ha detto “per sicurezza teniamolo”».

Omicidio in concorso

Il fascicolo aperto a carico di Sempio è per omicidio «con il concorso di altri soggetti o di Alberto Stasi». A causa del secondo Dna ritrovato. Intanto a Voghera i colleghi e gli amici di Sempio dicono che lui «rischia il posto di lavoro a furia di gettar fango». Ma c’è anche chi dice che il 37enne «ha uno sguardo, come dire, inquietante? Gentilissimo, per carità, ho anche preso il caffè con lui, ma parla pochissimo e certe volte ti fissa a lungo, poi distoglie». L’addetta alla vendita di un depuratore d’acqua ribadisce: «Sa, io sono qui una volta al mese, però in effetti anch’io honotato quegli occhi che ti squadrano, come se volesse scoprire chi sei». E aggiunge: «Vede, alla colpevolezza di Stasi io non ho mai creduto».

A febbraio 2017

Quando si è presentato davanti agli inquirenti nel febbraio 2017 Sempio ha spiegato che «io e Marco ci conosciamo fin dalle medie perché eravamo in classe insieme. Io all’epoca andavo almeno due o tre volte a settimana a casa sua a giocare. Chiara era sua sorella, ogni tanto mi è capitato di incontrarla in casa ma non ci frequentavamo assolutamente». Ha spiegato che usava insieme a Marco il computer in camera di Chiara per giocare ai videogiochi. La sua ultima visita in casa risaliva a due o tre giorni prima della partenza dell’amico con i genitori per le vacanze in Trentino. Ovvero otto giorni prima dell’omicidio.

Taglia 42 o 44?

Sempio nel 2017 affermò che già a 19 anni portava il 44. Diciotto anni fa viveva con i genitori in un appartamento in via Rossini. «Quando è arrivata mia madre, poco prima delle dieci, io ho preso la macchina e sono andato a Vigevano dove pensavo di andare alla Feltrinelli. Sono effettivamente andato ma la Feltrinelli quel giorno era chiusa quindi ho fatto un giro in Piazza Ducale e poi sono tornato a Garlasco. Non ricordo se avevo portato dietro il cellulare», raccontò. E ancora: «Ho scoperto di essere indagato mentre guardavo la tv»,- disse otto anni fa intervistato dal Tg1. Quando sei li dentro c’è poco da fare: o muori o lotti».

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