Perché la geografia è una scienza in estinzione: «Il mappamondo non serve più»


La geografia è una scienza in via d’estinzione. Perché non conosciamo il luogo in cui viviamo e il mondo in cui ci muoviamo. Mauro Varotti, docente della materia all’università di Padova, lo sostiene in un’intervista rilasciata a Repubblica: «La geografia è scomparsa dalla scuola italiana. Interessi politici ed economici preferiscono allevare cittadini-consumatori inconsapevoli e dunque più manovrabili. La nostra casa così diventa ogni giorno più stretta: percepiamo il migrante come un pericolo, piuttosto che come un’opportunità, pagando un alto prezzo all’equivoco della lontananza».
Il mappamondo come soprammobile
In questa visione il mappamondo è diventato un semplice soprammobile. Anche se Lucio Battisti (con Pasquale Panella) ne L’Apparenza cantava dell’atlante e dell’«indice come un pulsante» che «accende una nazione in cui mi sa che a quest’ora è notte piena o molto nuvoloso». Nel suo libro la tesi è che «mai come nell’era della globalizzazione abbiamo scelto di cancellare la globalità: rinunciando a una terra per abitanti felici». E l’Italia, Usa a parte, «è un caso unico. La geografia a scuola non è più una materia, con un proprio insegnante e un voto. L’attuale governo vuole inoltre circoscrivere le scarne nozioni alla dimensione locale, massimo nazionale. Capire la nostra forma di appartenenza al mondo sarà impossibile».
La geografia e la guerra
La rinuncia viene dal fatto che «la geografia, storicamente, è servita per fare la guerra. Gli istituti cartografici hanno supportato i militari per esigenze di potere. Con la pace europea, ora interrotta, e la globalizzazione economica, pure a rischio causa dazi, è mancata una contemporanea agenzia mondiale con la missione di adeguare la conoscenza geografica alle nuove sfide. A forza di semplificare, l’apriscatole rompiscatole è scomparso dalla nostra cassetta degli attrezzi». Le conseguenze sono che «non sappiamo più cosa è vicino e cosa lontano. Pensiamo che il dove sia un punto, non un fascio di traiettorie nello spazio. Privati di relazioni consapevoli, non possiamo essere felici».
I disagi
E la questione porta anche a disagi «incalcolabili e quotidiani. Un paio di esempi: il Sud della terra in estate è freddo e a Nord c’è il sole, in Asia d’estate l’ombrello non basta a ripararci dalla pioggia, la peruviana Cusco è alla quota della vetta della Marmolada, ma la temperatura media è di 14 gradi. Non posso sapere perché i limoni di Sorrento sono buoni, se non so dove sono i monti Lattari con la loro acqua pura: così magari non li acquisto». E si distrugge la natura: «Se non conosci il profilo del contenitore della vita, collocandolo nello spazio universale, non puoi avere la consapevolezza che la vita è parte e dipende da quella sfera, che solo in equilibrio permette ad ogni organismo di vivere».
Le dittature
Infine, l’addio alla geografia spiana la strada pure alle dittature: «Se salta la relazione tra spazio e tempo anche la democrazia smarrisce luogo e ragione della propria applicazione. Il potere si scopre libero da condizionamenti. In Europa oggi è l’interesse politico ad alimentare il razzismo: una conoscenza geografica completa avrebbe l’effetto di un antidoto».