Nucleare, ci sarà un nuovo referendum? Il governo tira dritto sul ritorno dell’energia atomica, gli ambientalisti promettono battaglia


Il ddl nucleare approvato venerdì 28 febbraio spiana la strada al ritorno dell’energia atomica in Italia. Una decisione rivendicata con orgoglio dal governo Meloni, seppur con qualche malumore interno alla maggioranza, ma su cui diverse associazione ambientaliste sono pronte a dare battaglia. D’altra parte, gli italiani si sono già espressi in due occasioni contro il nucleare. Nel 1987, quando sancirono lo spegnimento di tutte le centrali esistenti. E nel 2011, quando abrogarono una serie di norme introdotte dal governo Berlusconi che consentivano la costruzione di reattori francesi sul territorio italiano. L’esecutivo di Giorgia Meloni assicura che i reattori su cui punta l’Italia non hanno niente a che fare con quelli bocciati nel 2011. Le associazioni ambientaliste, invece, dicono che il ddl approvato dal governo – e che ora si appresta a iniziare l’iter in parlamento – tradisce la volontà espressa dagli italiani con i due referendum.
La linea del governo: «Il nucleare di oggi non è quello del 2011»
Il provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri nei giorni scorsi è stato scritto da un comitato di esperti presieduto dal giurista Giovanni Guzzetta, che a Open spiega: «Nel disegno di legge delega c’è una cesura netta con il passato, perché si stabilisce in modo chiaro che l’unica prospettiva per tutti gli impianti nucleari esistenti oggi in Italia è lo smantellamento». La linea del governo, esplicitata anche dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, è la seguente: il nucleare a cui punta oggi l’Italia non ha niente a che vedere con quello bocciato nel 2011 e tanto meno con quello eliminato dopo la consultazione del 1987. Di conseguenza, l’esecutivo è pienamente legittimato a reinserire il nucleare nel mix energetico italiano.
«La Corte Costituzionale dice che un intervento del legislatore non è ammissibile se il contesto politico o la situazione di fatto non ha subìto modifiche. Ma se le modifiche ci sono, il vincolo referendario viene meno», precisa Guzzetta, che è anche professore ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico all’università di Roma Tor Vergata. Secondo il giurista, il nucleare di cui si discute oggi non è tecnologicamente uguale a quello di quattordici anni fa – peraltro mai realizzato – o alle vecchie centrali degli anni ottanta. E lo stesso vale per il contesto politico, come dimostrato per esempio dalla decisione dell’Unione europea di inserire l’energia atomica nella «tassonomia green», ossia tra le fonti considerate sostenibili.
Prima che la Corte costituzionale possa sollevare eventuali obiezioni, c’è bisogno innanzitutto che la legge entri in vigore. Il ddl nucleare è stato approvato il 28 febbraio dal Consiglio dei ministri e ora spetta al parlamento approvarlo in via definitiva. In ogni caso, Guzzetta ritiene «possibile ma non semplicissimo» che la Consulta sia chiamata a esprimersi in merito. «Il documento è stato scritto con l’idea di rispettare la Costituzione, non di sabotare le iniziative referendarie», assicura il giurista a Open.

Greenpeace: «Falso, è la stessa tecnologia»
Ciò che potrebbe mettere i bastoni fra le ruote al governo, piuttosto, è la prospettiva di un nuovo referendum sul nucleare. L’energia atomica è da tempo uno dei temi più divisivi del dibattito pubblico, persino all’interno delle stesse associazioni ambientaliste. Movimenti come Fridays for Future hanno assunto una posizione aperta sul nucleare, mentre le sigle storicamente più radicate in Italia – come Legambiente e Greenpeace – sono fortemente contrarie. Saranno loro a promuovere una raccolta firme e chiedere una nuova consultazione popolare? «Questo si vedrà», frena Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia dal 2009, contattato da Open.
Nel 2024, la sua associazione è stata tra le promotrici della coalizione 100% Rinnovabili Network, che si oppone ai piani del governo sul nucleare e propone di contrastare la crisi climatica puntando esclusivamente sullo sviluppo delle rinnovabili. Alla coalizione, lanciata nel 2024, aderiscono decine di altri soggetti tra associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente), sindacati (Cgil), associazioni dei consumatori (Adiconsum) e terzo settore (Arci, Acli, Libera). Greenpeace si oppone all’energia nucleare perché la ritiene una tecnologia troppo costosa, poco sicura e incompatibile con l’urgenza di contrastare fin da ora i cambiamenti climatici.
Anche sul decreto delega approvato dal governo Greenpeace ha diverse perplessità: «È molto generico: parla di “nucleare sostenibile” ma non definisce che cos’è. Dov’è la sostenibilità?», si chiede Onufrio. Secondo il direttore di Greenpeace Italia, «il decreto viene venduto ai cittadini come se il nuovo nucleare fosse diverso da quello bocciato dai cittadini, ma non è vero. È la stessa tecnologia, su scala più ridotta». Un’eventuale raccolta firme contro il ritorno dell’energia atomica potrebbe incassare il supporto di una parte delle opposizioni, a partire da Alleanza Verdi-Sinistra e Movimento 5 stelle. Al momento, però, spiega Onufrio, «non abbiamo in corso iniziative di questo genere».

Foto copertina: EPA/Jim Lo Scalzo | La centrale nucleare, attualmente non operativo, di Three Mile Island a Middletown, in Pennsylvania