Le sei condizioni di Putin per la tregua in Ucraina: «Mosca vuole la guerra e la rinuncia a difenderci»


Le condizioni di Vladimir Putin per la tregua in Ucraina sono in un documento di un think tank legato all’Fsb. Che risale a febbraio e che è servito per i colloqui di Gedda con gli americani. L’obiettivo è «Rimuovere le cause profonde della guerra, per arrivare a una pace duratura». Che però dovrà attendere il 2026. Anche se Donald Trump aveva promesso lo stop alla guerra in pochi giorni. Mentre dall’Ucraina il consigliere di Volodymyr Zelensky Mykhailo Podolyak spiega che la Russia vuole invece continuare la guerra. E pretende che Kiev rinunci a difendersi.
Le sei condizioni
Nel documento raccontato dal Washington Post le condizioni sono sei. La prima è quella più difficile da attuare: prevede che l’Ucraina riconosca la sovranità russa sulla Crimea e sulle quattro regioni parzialmente occupate dall’Operazione Speciale di febbraio 2022. Ovvero Zaporizhzhia e Cherson nel Sud, Lughansk e Donetsk a est. Putin le vuole tutte anche se non ne ha conquistate più della metà. E lo Zar vuole anche la creazione di zone cuscinetto tra Bryansk e Belgorod, che in questi anni sono state colpite spesso da Kiev. La seconda condizione è la caduta di Zelensky. O meglio, la celebrazione di nuove elezioni. L’Ucraina dovrà anche rinunciare all’ingresso nella Nato. E con la tregua dovranno finire gli aiuti militari a Kiev. Per evitare il riarmo.
Le sanzioni
Al momento della firma dell’accordo dovranno essere cancellate in toto tutte le sanzioni nei confronti della Russia. E questo punto, così come l’insistenza di Mosca sul tema, dovrebbe rispondere a tutti quelli che dicevano che le sanzioni non facevano nulla alla Russia. Se sono inutili perché Mosca pretende che siano eliminate? E ancora: nessun contingente di pace in Ucraina formato da paesi europei. La Russia potrà accettare in cambio di non schierare i suoi missili balistici a medio raggio Oreshnik in Bielorussia, sul confine con la Ue. Ma anche gli Stati Uniti dovrebbero fare la stessa cosa. Mosca chiede anche una riduzione numerica dell’esercito ucraino, da un milione a poche decine di migliaia.
Gli osservatori
Infine, c’è il nodo della missione di osservatori che dovranno verificare il rispetto del cessate il fuoco e, poi, delle condizioni per la pace. «La posta in gioco per Putin», scrive su X Dmitry Alperovitch, presidente del Silverado Policy Accelerator, una fondazione americana, «è molto più grande dell’Ucraina, il premio più importante è la normalizzazione diplomatica Usa-Russia, l’eliminazione delle sanzioni, la frattura in seno alla Nato». Lo Zar vuole «prolungare i negoziati posizionandosi come un vero, autentico amico di Donald Trump, che lui capisce completamente e che, anzi, vuole aiutare a raggiungere i suoi obiettivi negli Stati Uniti».
Il consigliere di Zelensky
In un’intervista a Repubblica il consigliere dell’Ufficio presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak spiega che se si ascoltano bene le parole di Putin è chiaro che non ha intenzione di accettare il cessate il fuoco. «Da un lato, dice “ma certo, è chiaro, è necessario”; ma dall’altro continua a dire che ci sono sfumature. E queste cancellano l’idea stessa di una tregua». Putin «fa riferimento a questioni tecniche, come la verifica di eventuali violazioni. In realtà sta dicendo che l’Ucraina non deve difendersi per 30 giorni rinunciando a forniture militari, produzione di armi e controllo del fronte. Aspettiamo, vedremo come procederà il negoziato tra Russia e Usa. Vediamo cos’è disposta a fare Mosca. Solo sulle decisioni concrete valuteremo le parole di Putin».
Il vertice di Gedda
Podolyak dice che il vertice di Gedda non aveva un’agenda «così chiara e rigida. Ci sono gli interessi degli Stati Uniti, espressi più volte da Trump, che richiedono soluzioni rapide ed efficaci alla guerra. Vogliono avere rapporti economici trasparenti con l’Ucraina, dove hanno investito risorse militari e finanziarie considerevoli. E l’Ucraina è molto interessata a riprendere rapporti bilaterali efficaci: gli Usa hanno un arsenale critico come la difesa antimissile, munizioni specifiche e l’intelligence. Mosca deve mostrare il suo vero atteggiamento con negoziazioni, fine della guerra e cessate il fuoco. E risponderà negativamente».
L’integrità territoriale
Il consigliere di Zelensky parla anche delle concessioni di territori: «Non possono cambiare né fisicamente, né ideologicamente, né politicamente. L’integrità territoriale è questione di sopravvivenza: la Russia occupa territorio ucraino come strumento di pressione. Nel 2014 e nel 2022 non è stata punita per questo. La nostra sovranità viene calpestata. Ritiene che non dovremmo avere rapporti con alleanze economiche, politiche e militari, non abbiamo il diritto di essere protetti da impegni collettivi. E insiste che l’Ucraina rinunci alla propria identità, storia, cultura, lingua e informazione. Dobbiamo disfarci dell’esercito, e se qualcosa non sarà di suo gradimento cambierà il governo. Tutto ciò è inaccettabile. Dobbiamo costruire garanzie di sicurezza, un sistema globale di difesa, basi missilistiche. Eristrutturare l’esercito, aumentare investimenti in produzione militare. Servono specifici impegni dei Paesi Ue».
Il ritiro dal Kursk e il ruolo dell’Italia
Infine Podolyak spiega che l’operazione nel Kursk «dimostra l’incapacità della Russia di difendere il proprio territorio, è un argomento fondamentale in un possibile negoziato. E rimane valido». E parla del supporto del governo italiano: «La proposta di Giorgia Meloni, secondo cui l’Ucraina potrebbe attivare l’articolo 5 in caso di una nuova aggressione russa dopo il cessate il fuoco, è molto valida. Le consultazioni sono in corso a vari livelli. In Europa stanno emergendo leader pronti ad assumersi la responsabilità della sicurezza collettiva. Il capo del governo italiano è uno di questi. Il cessate il fuoco deve far percepire alla Russia che l’aggressione diventerà troppo onerosa contro uno Stato europeo . L’Italia ha un ruolo fondamentalmente».