Siria, pronta la nuova Costituzione: dai diritti delle donne alla libertà di espressione e di fondare partiti. Ma dei Curdi non c’è traccia


L’uguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini – a prescindere da sesso e religione -, la libertà di espressione e soprattutto il diritto delle donne di studiare e partecipare alla vita politica: la nuova Costituzione siriana si prepara ad introdurre nel Paese mediorientale una lunga serie di novità. Su proposta del comitato dei sette, il collegio di 5 uomini e 2 donne designato qualche giorno fa dal presidente ad interim Ahmad al Sharaa, sarà lo stesso capo di Stato con un comitato di sua nomina a vagliare la dichiarazione costituzionale. Un insieme di principi che dovrà – o meglio dovrebbe – poi fungere da base per il testo ufficiale, da elaborare durante la lunga transizione di cinque anni che separa Damasco dalle prossime elezioni legislative.
Il periodo di transizione
Proprio questo periodo di interim, guidato dalla legge islamica, prevederà la progressiva separazione dei poteri tra Stato, magistratura e popolo. A quest’ultimo sarà data la possibilità, sul modello della Costituzione turca, di organizzarsi in partiti. Un periodo di cinque anni che ha destato più di un sospetto in Siria, o più che altro il timore che si ripeta il processo di centralizzazione del potere. Il presidente al Sharaa, invece, lo ha giustificato come tempo necessario per aggiornare le liste elettorali con un censimento e così permettere delle elezioni più eque. Ma al contempo come periodo naturale per tentare di rimettere in piedi un Paese in emergenza dopo la cacciata di Assad, distrutto e sotto la pressione di sanzioni.
I nuovi principi costituzionali
Il modello è appunto la Turchia, dove l’elemento fondante (e non, come prima stabilito in Siria, «un elemento») è la legge islamica e il presidente deve essere di fede musulmana. Ai cittadini è però concessa tutta una serie di libertà e diritti. In primo luogo la libertà delle donne di istruirsi e partecipare alla vita politica. Ma anche la «libertà di espressione, pubblicazione e opinione», così come la formale libertà di culto e di organizzarsi in partiti. Cambia anche l’assetto istituzionale: l’Assemblea del popolo, composta da oltre 100 membri, avrà il potere di «rimuovere il presidente della Repubblica». Ma solo dopo il periodo di transizione. Non solo, i ministri dovranno rispondere non solo al presidente della Repubblica ma anche alla stessa Assemblea.
Il nodo della questione curda e le frange estremiste
Secondo lo studioso Cedric Labrousse, però, ci sono due grandi incognite nella dichiarazione sottoposta al presidente al Sharaa. In primo luogo, l’assenza di una menzione chiara della questione curda, «se non quella del rispetto per tutte le comunità». I curdi, dopo aver siglato pochi giorni fa uno storico accordo con il presidente per il riconoscimento della cultura e della lingua curda nella Costituzione, sono evidentemente rimasti a bocca asciutta. Non a caso, hanno respinto con fermezza la dichiarazione provvisoria sottolineando come non riconosca le diversità della Siria e non sia stata scritta coinvolgendo tutti i componenti della scena politica. In secondo luogo, il nome del Paese che «rimane Repubblica araba siriana». Rimane anche da chiarire come si posizionerà l’ala più intransigente del movimento islamista Hts, fondato dallo stesso al Sharaa. Le speranze, infatti, erano che il nuovo assetto rispecchiasse più fedelmente quello delle roccaforti del movimento, basandosi dunque sul consiglio della Shura (un sistema di democrazia diretta) e non su un’Assemblea del popolo.