Conti deposito, Iban italiano, più funzioni contro le truffe. Ora Revolut sogna in grande: «Vogliamo diventare la prima banca italiana»


Mentre le grandi banche italiane sono impegnate a fondersi, farsi la guerra e costruire nuove alleanze, c’è chi – mese dopo mese – gli soffia da sotto il naso sempre più clienti. È il caso di Revolut, la fintech con sede a Londra che conta oltre 50 milioni di clienti in tutto il mondo, di cui tre milioni in Italia. Sul finire del 2024, l’azienda ha ottenuto l’autorizzazione di Bankitalia per offrire servizi bancari sul suolo nazionale. Un traguardo tutt’altro che scontato per Revolut, che nel Regno Unito aveva impiegato ben tre anni di tempo per ottenere lo stesso via libera, soprattutto a causa del ritardo nella consegna di alcuni documenti finanziari e «carenze di controlli» sulle transazioni dei propri clienti. Ora che è diventata a tutti gli effetti una banca italiana, la startup britannica non ha alcuna intenzione di fermarsi. «Crediamo di essere tra le prime dieci banche italiane per numero di clienti. L’obiettivo è diventare i numeri uno», assicura a Open Nicola Vicino, general manager di Revolut per l’Italia.
Il viaggio a Las Vegas, le prime grane e la svolta
L’avventura imprenditoriale di Revolut nasce nel 2015. Durante un viaggio di lavoro a Las Vegas, l’imprenditore britannico Nikolay Storonsky si rende conto di essere costretto a pagare una gran quantità di commissioni nel cambio sterline-dollaro. È in quel momento che decide di dar vita a una carta in grado di supportare diverse valute e convertire il denaro a tassi di cambio molto più competitivi. Nel giro di pochi anni, Revolut diventa molto più di una semplice carta prepagata e si espande ben oltre i confini del Regno Unito fino a trasformarsi in una banca digitale vera e propria. Le battute d’arresto, ovviamente, non mancano.
Gli ostacoli: dalle accuse dei dipendenti al presunto legame con la Russia
Per esempio, quando l’azienda finisce nel mirino delle autorità britanniche per il ritardo nella presentazione di alcuni documenti finanziari, la denuncia di alcuni dipendenti di un ambiente di lavoro definitio troppo «aggressivo» e, non da ultimo, le accuse su sospetti legami di Storonsky con la Russia, rivelatesi poi in gran parte infondate. Superati questi ostacoli, Revolut riesce a conquistare non solo nuovi clienti ma anche la fiducia delle autorità inglesi, che a luglio del 2024 le concedono finalmente l’autorizzazione a offrire i propri servizi bancari nel Regno Unito e, di conseguenza, a competere sullo stesso campo da gioco dei grandi istituti di credito.

I numeri di Revolut in Italia
Dallo scorso novembre, Revolut può contare su una nuova filiale italiana che impiega all’incirca trenta persone. «Essendo una banca digitale, strizziamo l’occhio soprattutto ai più giovani. L’età media dei nostri clienti è 35 anni», spiega Vicino. I numeri macinati dalla fintech britannica sono in costante crescita: per arrivare al primo milione di clienti ci sono voluti cinque anni (dal 2017 al 2022), per il secondo milione ci è voluto un anno e mezzo, per il terzo milione è bastato meno di un anno. «Vogliamo continuare a crescere, certo. Ma la vera sfida è diventare una banca primaria», dice il manager.
A oggi, infatti, i clienti Revolut sono spesso clienti anche di altre banche italiane. L’obiettivo della startup è quindi quello di convincere sempre più persone a utilizzare Revolut non solo per i viaggi all’estero o mandare soldi agli amici, ma per tutti i servizi che l’app è in grado di offrire. Anche perché, assicura Vicino, chi prova Revolut non torna più indietro: «Il 35% dei nuovi clienti che registriamo ogni mese arrivano grazie al passaparola. Questa è in assoluto una delle nostre metriche più importanti». Il segreto, spiega ancora il manager italiano, sta nella semplicità di utilizzo: «Dietro alla user experience c’è uno studio maniacale. Tutto è curato nei minimi dettagli per rendere ogni attività il più semplice possibile».
La sfida alle grandi banche
Negli ultimi mesi, Revolut ha ampliato notevolmente il ventaglio di servizi che offre ai propri clienti. La carta supporta spese e prelievi in 120 valute, permette l’accesso a criptovalute come Bitcoin ed Ethereum e da qualche mese offre la possibilità di chiedere prestiti da mille a 50mila euro. La vera rivoluzione è arrivata però sul finire del 2024, quando la Banca d’Italia ha concesso a Revolut l’autorizzazione per operare sul suolo nazionale come una banca vera e propria. Dal 1° gennaio 2025 i clienti italiani della fintech britannica hanno la possibilità di aprire un conto con Iban italiano e non più, come accadeva fino a pochi mesi fa, solo lituano. Questo passaggio, spiegano dall’azienda, farà impennare la crescita di Revolut in Italia, che spera di poter arrivare a competere ad armi pari con i più grandi istituti di credito.
Come? Innanzitutto introducendo tutti quei servizi che Revolut, almeno fino a poco tempo fa, non era in grado di offrire. Da gennaio, per esempio, la fintech britannica ha introdotto anche in Italia un conto deposito con tasso di interesse del 3% annuo. Si tratta di un conto senza vincoli, con gli interessi pagati ogni giorno e, soprattutto, che non prevede alcun importo minimo di partenza. «A livello europeo stiamo facendo alcuni test per lanciare i mutui e vogliamo sviluppare anche una nostra carta di credito», spiega ancora Nicola Vicino. Le grandi banche italiane dovrebbero iniziare ad avere paura? «La nostra ambizione è grande. Vogliamo diventare primi in Italia per clienti retail», chiosa il general manager di Revolut.

Il problema delle truffe e il pressing sulle istituzioni Ue
Oltre ad attirare l’interesse di istituzioni e clienti, il settore fintech ha sollevato qualche campanello d’allarme anche per il fenomeno delle truffe online: furti di identità, frodi nei pagamenti, phishing e riciclaggio di denaro. Secondo Bloomberg, è proprio Revolut la banca digitale che nel Regno Unito ha fatto registrare più reclami di clienti truffati e non rimborsati (o rimborsati solo in parte). Di recente, la startup ha dovuto affrontare una situazione simile anche in Italia, quando ha scoperto e segnalato alle autorità una rete di truffatori sulla propria piattaforma per la rivendita illegale dei biglietti dei concerti di Taylor Swift a Milano. Già lo scorso anno, David Eborne – responsabile dei rischi di frode all’interno di Revolut – aveva parlato di «focolaio» delle truffe online e puntato il dito contro i social media, dove – secondo i dati diffusi dall’azienda britannica – avrebbe avuto origine il 77% dei casi totali di truffa registrati nella seconda metà del 2023.
«Le banche non possono rappresentare l’unica linea di difesa», spiega Vicino. «I nostri dati», continua il manager italiano di Revolut, «mostrano che c’è ancora molto da fare: le piattaforme di social media rimangono un focolaio per le truffe. Se vogliamo affrontare in modo globale le frodi e le truffe, dobbiamo intervenire lungo tutta la catena». Nei mesi scorsi, la fintech britannica ha chiesto una mano alle istituzioni europee per accelerare l’approvazione di nuove norme volte a prevenire le frodi online sui social. Nel frattempo, ha iniziato ad agire da sé per arginare il fenomeno e tranquillizzare i clienti più spaventati. «Revolut – assicura Nicola Vicino – lavora costantemente per assicurare alti livelli di sicurezza ai propri clienti. Solo nell’ultimo anno abbiamo introdotto diverse funzionalità come le chiamate in-app per proteggere i clienti dalle truffe di impersonificazione e la funzionalità di protezione del patrimonio, che aggiunge un ulteriore livello di sicurezza biometrica all’app». Il 13 marzo, l’azienda ha annunciato altre tre nuove funzionalità pensate per proteggere i clienti vittime di phishing o di furto dello smartphone.