Usa, l’attrice di “American Pie” in cella per 12 giorni al confine con il Messico: «24 ore in catene, come coperta un foglio di alluminio»


Le rigide politiche di gestione dei confini volute dal presidente americano Donald Trump non fanno sconti, che si tratti di una persona “qualunque” o di un’attrice ben nota. Jasmine Mooney, 35enne canadese nota per il ruolo di Jackie in American Pie Presents: The Book of Love, sarebbe stata trattenuta in una cella per quasi due settimane dai funzionari dell’immigrazione americana. «Mi hanno messa in prigione. Ho dovuto dormire su una stuoia senza coperte e senza cuscini. Con un foglio di alluminio avvolto sul mio corpo come un cadavere», ha raccontato l’attrice all’emittente locale KGTV 10 di San Diego. La donna stava tentando di entrare in California dal Messico per rinnovare il visto di lavoro. Secondo l’Immigration and Customs Enforcement, però, non aveva i documenti in regola.
Il racconto della prigionia
Un trattamento, ripetono da Washington, perfettamente conforme alla volontà e all’ordine esecutivo firmato da Trump: carcere per «tutti gli stranieri che violano la legge sull’immigrazione degli Stati Uniti», non possedendo documenti legali. Jasmine Mooney è stata fermata il 3 marzo, mentre era diretta a San Diego per un appuntamento con il suo avvocato. Per circa due settimane è stata tenuta in una cella comune da 30 persone. Con «servizi igienici limitati», nel centro di detenzione di Otay Mesa, appena al di là del confine tra California e Messico. La qualità del cibo, ha raccontato la 35enne, era talmente scadente che si rifiutava di mangiarlo. Poi il trasferimento di notte, «avvolta da catene per un giorno», in una prigione in Arizona. «Mi hanno detto che nei miei documenti non c’era un’intestazione adeguata», ha spiegato.
Lo scontro sfiorato tra Stati Uniti e Canada
Poco ci mancava che l’arresto diventasse un altro campo di scontro aperto tra Stati Uniti e Canada. Il premier del British Columbia, David Eby, aveva chiesto a gran voce lo scorso giovedì 13 marzo che venisse liberata e aveva sollecitato il governo del primo ministro Mark Carney ad attivare ogni canale diplomatico. «Che ne sarà dei nostri parenti che lavorano negli Stati Uniti?», si è chiesto Eby. Poi a mezzanotte di sabato finalmente l’atterraggio all’aeroporto di Vancouver, dove ad attendere l’attrice c’erano la madre e alcuni amici: «Non so come faccio a essere a casa».