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Meloni alla Camera dei deputati prima del Consiglio europeo senza ministri leghisti (ma poi arriva Giorgetti): «Sono in grado di cavarmela»

giorgia meloni camera deputati
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Il dibattito sul Consiglio europeo che si apre domani si chiude con le proteste dell'opposizione alla lettura del manifesto di Ventotene. La premier dice che quella nel documento «non è la sua Europa»

È iniziata questa mattina, 19 marzo, la discussione dei parlamentari sulle comunicazioni di Giorgia Meloni. I deputati stanno commentando le dichiarazioni rilasciate ieri dalla premier a Palazzo Madama e solo consegnate alla Camera, in cui ha illustrato la posizione dell’Italia sui temi che verranno trattati al prossimo Consiglio Europeo, in programma domani e venerdì. La premier entra in aula indossando un completo bianco, si siede, ma al suo fianco non c’è traccia dei ministri leghisti. Matteo Salvini è assente, impegnato in un consiglio informale dei ministri dei Trasporti a Varsavia, e Giancarlo Giorgetti arriva solo in un secondo momento. Meloni, replicando agli interventi dice: «La compattezza del governo non è data dalla presenza dei ministri in aula, non hanno bisogno di fare compagnia a me, me la posso cavare da sola. La posizione del governo è chiara – aggiunge – il piano della presidente von der Leyen si basa quasi esclusivamente sul debito nazionale e questo ci spinge a fare delle proposte diverse, non basta scomputare le spese di difesa dal patto di stabilità». Gli animi attorno a lei si accenderanno solo alla fine del suo intervento, quando citerà i passaggi “rivoluzionari” del manifesto di Ventotene (scritto nel 1941) sottolineando: «Non so se questa è la vostra Europa, certamente non è la mia». Una dichiarazione che porta alle proteste dell’aula e all’interruzione del dibattito.

Il rapporto con Trump

A proposti del possibile accordo tra Russia e Ucraina, mediata dagli Usa, Meloni ribadisce che le garanzie di sicurezza per far tenere la tregua debba essere «sul modello dell’articolo 5 del trattato Nato». A proposito delle spese di difesa ribadisce quanto detto ieri al Senato: «Per decidere per noi stessi dobbiamo essere in grado di difenderci». E parlando del ruolo di Donald Trump, dice, «c’è l’ipotesi di un cessate il fuoco parziale» limitato alle infrastrutture, «si tratterebbe di un primissimo spiraglio di quanto concordato a monte, noi sosteniamo gli sforzi del presidente Trump, è un leader forte per porre le condizioni per garantire una pace giusta e dura. Non vedremo le scene di debolezza» viste in Afghanistan.

L’attacco ai cinque stelle

Molto duro il punto in cui Meloni risponde agli interventi dei deputati dei Cinque stelle: «Non ho tempo per la vostra lotta nel fango, gli italiani si faranno le loro valutazioni». A proposito delle spese militari sottolinea che il governo Conte ha fatto il maggiore investimento in rapporto al Pil degli ultimi anni: «A proposito di distogliere i fondi dalla salute, visto che lui l’ha fatto nel 2020, in pieno Covid. Forse era quello il momento di non distogliere i fondi dalla salute».

Immigrazione e ruolo dell’Europa

Meloni parla anche di altri temi, a cominciare dall’immigrazione. Sul ricorso davanti alla corte europea sulla valutazione dei «paesi sicuri» in cui rimpatriare con procedura accelerata, l’Italia, sottolinea Meloni, «è affiancata dalla commissione europea e da buona parte degli stati membri»: «Se l’Italia non avesse lanciato il protocollo Italia – Albania, non ci sarebbe un documento europeo che parla di aprire in paesi terzi centri di valutazione delle domande di asilo». A proposito dell’Europa dice: «Io credo che l’Europa debba occuparsi meglio di meno cose, questa volontà di occuparci di tutto ci ha impedito di occuparci delle questione fondamentali. Si deve partire dalle grandi materie sui quali gli stati nazionali non possono fare la differenza». Poi, a proposito di altri temi, come l’unione delle due camere, Meloni si allarga per dire che «il premierato è un fattore di stabilità, molti mi hanno detto che il fatto che il presidente del consiglio cambiasse spesso era un problema anche per stringere accordi economici». Sui dazi aggiunge: «Noi abbiamo un surplus commerciale nei confronti degli Stati uniti che riguarda i beni, loro hanno un surplus che riguarda i servizi. Su questo possiamo trattare, per evitare la spinta inflattiva e la contrazione della crescita, evitiamo soluzioni che invece di aiutarci ci penalizzano».

Le ironie dell’opposizione

«Presidente aveva più volte sottolineato che l’elemento di unità del governo era uno dei punti di forza che le avrebbe permesso di avere un peso in Europa – commenta Davide Faraone di Iv durante la discussione generale quindi prima dell’intervento in replica di Meloni – La vostra unità è rappresentata dai ministri leghisti al suo fianco. Non ce n’è uno». Tra i primi a intervenire, nella discussione generale, Francesco Silvestri, deputato del Movimento 5 Stelle, che dall’emiciclo ha commentato la rottura della tregua di pace da parte di Israele, avvenuta ieri, che ha causato la morte di circa 400 palestinesi in sole 24 ore. Riferendosi alla posizione di Giorgia Meloni, il pentastellato ha definito la sensibilità della premier «madre e cristiana» «pari a quella di un comodino Ikea». «Lei si è detta preoccupata – continua Silvestri – ma a noi della sua preoccupazione non interessa nulla. Lei è presidente del Consiglio e deve dirci cosa intende fare per impedire questa strage di bambini».

La critica a Schlein

Durante l’intervento, la Presidente del Consiglio ha chiamato in causa direttamente la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, accusando lei e il suo partito di «cambiare gli alleati in base a chi vince le elezioni». «Voglio chiedere a Schlein, che credo interverrà, quando si dice ‘deve stare con l’Ue’, significa anche che, poiché la proposta di inviare truppe in Ucraina è stata fatta da Macron e Starmer, noi dovremmo adeguarci e mandare i soldati in Ucraina? Perché su questo non sono d’accordo. Quando dice ‘Trump non sarà mai niente di simile a un alleato‘, cosa vuol dire, che dobbiamo uscire dalla Nato, dal G7 e che non dobbiamo avere rapporti? I Paesi alleati non cambiano in base a chi vince le elezioni, ma mi pare che voi la pensiate in maniera diversa».

Polemiche sul manifesto di Ventotene

Ma è con la chiusura dell’intervento di Meloni che si scatena la bagarre, con toni cosi accesi da indurre Fontana prima ad interrompere il dibattito e quindi a rinviarlo. Meloni decide di leggere in aula il manifesto di Ventotene, scritto anche da comunisti e quindi con noti passaggi che parlano (è scritto nel 1941) di dittatura del proletariato: «Non mi è chiarissima neanche la vostra idea di Europa, perché nella manifestazione di sabato a piazza del Popolo e anche in quest’aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene: spero non l’abbiano mai letto, perché l’alternativa sarebbe spaventosa», ha esordito in questa risposta Meloni, «contenta” di «citare testualmente» alcuni passaggi del testo scritto nel 1941 da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi. Di qui uno scontro molto violento soprattutto con i parlamentari di Avs e del Partito democratico che porta all’interruzione dell’aula. Fra Fornaro che le chiede di inginocchiarsi e Colucci del M5s che la invita a leggere la storia d’Italia, l’aula viene interrotta e il dibattito rimandato a dopo il question time, nel pomeriggio. Fontana, nell’aggiornare i lavori ha comunque raccolto la richiesta dell’opposizione di onorare le vittime della repressione fascista: «Chi ha combattuto per la nostra libertà merita il nostro plauso e, in nome di quella stessa libertà e democrazia, vi chiedo di fare in modo che questa Camera rimanga un luogo sacro».

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