Lina Sotis, il matrimonio e il tradimento di Moratti «con un milanista. Ma la vita da miliardaria era noiosa»


La scrittrice Lina Sotis abita oggi a Brera. In casa ha centinaia di libri Adelphi. Glieli ha regalati Roberto Calasso, il direttore della casa editrice che è stato uno degli uomini della sua vita. Ma, racconta oggi in un’intervista a La Stampa, non ha mai conosciuto sua madre che è morta durante il parto: «Perse troppo sangue. Era il tempo della guerra, e una cosa che oggi si sarebbe curata facilmente divenne incurabile». Il padre Gino si risposò con Maria Bassino, prima penalista d’Italia e «lesbica dichiarata: fu lei che mi insegnò a vivere modernamente. Papà, che nel Ventennio aveva fatto ottenere dalla Sacra Rota l’annullamento del matrimonio per Claretta Petacci, l’amante di Mussolini, intanto aveva ricominciato a lavorare con tutt’altro genere di clienti».
Il padre annullatore di matrimoni
Ovvero Vittorio De Sica e Renato Guttuso «perché volevano che diventasse l’avvocato annullatore dei loro matrimoni». In collegio «mi insegnavano a camminare dritta, a fare le riverenze, insomma a diventare una brava ragazza stupida». D’estate andava «dalle Orsoline, a Cortina. Una volta alla settimana, sotto lo sguardo delle suore, arrivavano i ragazzi. Noi signorine eravamo fondamentalmente snob, un po’ educatine, qualcuna pure carina. Per questo i giovinotti venivano a trovarci volentieri». Poi ha conosciuto il suo primo marito, Gian Marco Moratti: Mi piacque da morire che piacevo tanto a lui. Quando tornavo a Roma, mi chiamava al telefono tutte le sere. Persi la testa», dice a Filippo Maria Battaglia.
Incinta a 18 anni
Poi è rimasta incinta a 18 anni: «Su una macchina, una Lancia Flavia, in viale Pinturicchio, a Roma». Durante il matrimonio a Milano «Indossavo un vestito di Forquet. L’unica frase che pronunciò mia zia, Lidia Storoni Mazzolani, quando mi vide fu: “Insopportabili quei brillanti di mattina, anche se veri”. Me li aveva regalati mia suocera». In casa venne accolta «benissimo. Erano freschi freschi di danaro. Mia suocera, che ho sempre chiamato mamma, quando vide questa stronzetta che camminava dritta e baciava le mani, disse: “Sembri una delle mie amiche contesse”. Furono tutti meravigliosi». Massimo Moratti Era due anni più piccolo di me, imitava benissimo Celentano. Ancora oggi, a Pasqua, mi manda l’uovo. Ci vogliamo bene, la mia famiglia è rimasta quella».
Solo nerazzurro
Le chiesero di vestirsi solo di nero e azzurro: «Erano i tempi della “Grande Inter”, e poi per fortuna l’azzurro mi stava bene. Quando battezzammo mio figlio Angelo, come secondo nome volevo mettergli “Pinturicchio”, in ricordo della via dove fu concepito, invece gli misero “dello scudetto”». Perché «nacque poco dopo la vittoria del campionato: eravamo tutti un po’ invasati». Poi ci fu il tradimento con un milanista: «Feci una scemenza, ma lei non sa quanto fosse noiosa la vita della miliardaria: ci si poteva comprare solo vestiti. E io non sapevo che Gian Marco mi faceva fotografare quando uscivo».
Il divorzio
Proprio quando era nata da poco Francesca: «Un giorno mio marito mi chiamò e mi disse: “Andiamo a Roma, porta tutti i gioielli perché avremo molti incontri”. Arrivati, mi fece trovare due avvocati. Mi mostrarono le foto e mi vietarono di tornare a Milano». E lei «Oltre ai gioielli, resi a Gian Marco l’anello di fidanzamento dicendogli: “Non mi vuoi bene. Altrimenti, avresti avuto il coraggio di chiedermi “Lina, perché mi fai le corna?”, non mi avresti fatto scattare le foto». È rimasta lontana da Milano per «tre anni, per le adultere la legge così prevedeva. Poi tornai, ma come Lina Sotis: mai sopportato quelle che continuano a portare il nome dell’ex».
Il tumore
Il marito l’ha aiutata in una situazione grave: «Quando, a 34 anni, scoprii di avere un tumore al cervello, furono lui e mio suocero, che io continuavo a chiamare papà, a organizzare tutto per farmi operare da un luminare. Mi fecero venire a prendere con il loro aereo. Mi salvai, Gian Marco venne a trovarmi coi bambini. Fu meraviglioso». Tornata a Milano, intanto, aveva già iniziato a lavorare nei giornali. «Per Vogue, ma nella pubblicità. I più bravi a vendere eravamo io e Urbano Cairo, allora in Fininvest. Fino a quando andai ad Amica, grazie alla sua proprietaria, Giulia Maria Crespi».