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Consiglio europeo, Meloni: «Sostegno a Kiev e agli sforzi degli Usa. Ventotene? Io insultata»

20 Marzo 2025 - 20:33 Simone Disegni
giorgia meloni consiglio europeo
giorgia meloni consiglio europeo
La premier ha confermato l'intenzione di andare alla Casa Bianca, ma senza fornire una data precisa

A margine del Consiglio europeo, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha commentato le risorse previste dal programma RearmEu, definendole «virtuali» nel punto con la stampa. Sul possibile ricorso ai prestiti, ha precisato: «Non chiudiamo a questa opzione, ma è una scelta che dobbiamo valutare. Al momento, non abbiamo ancora tutti i dettagli». La premier ha confermato l’intenzione di recarsi alla Casa Bianca, senza però fornire una data precisa: «Andrò, ma ancora non so quando». Quanto, invece, al dibattito nato in Aula a seguito delle sue dichiarazioni sul Manifesto di Ventotene, la premier ha respinto nuovamente le accuse: «Non ho insultato nessuno, sono rimasta sconvolta dalla reazione della sinistra, che mi è sembrata totalmente scomposta».

Dazi, Meloni: «Scelta lucida di von der Leyen»

Meloni ha poi affrontato il tema dei dazi, invitando alla prudenza: «Serve cautela, una risposta automatica potrebbe avere conseguenze pesanti. La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha parlato di una possibile contrazione dello 0,3% del Pil, che potrebbe arrivare allo 0,5% con una reazione immediata. Mi sembra una scelta lucida quella della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, di rinviare l’attivazione delle contromisure di qualche giorno».

Il sostegno all’Ucraina

Mentre, sulla sicurezza e la pace in Ucraina, ha ribadito la necessità di garanzie concrete: «Il punto centrale per una pace giusta e duratura è la sicurezza. Tra le opzioni in campo, continuo a ritenere che l’estensione dei principi dell’articolo 5 della Nato all’Ucraina, anche senza un ingresso immediato nell’Alleanza, sia la soluzione più efficace. Questo permetterebbe anche di smascherare eventuali bluff russi: se Mosca non ha intenzione di invadere nuovamente l’Ucraina, perché opporsi a misure esclusivamente difensive?».

Come è andata al Consiglio europeo

Quelli che gli Usa stanno al momento conducendo tra Russia e Ucraina per tentare di porre fine al conflitto «non sono veri e propri negoziati». È la valutazione condivisa dai leader dell’Ue riuniti oggi a Bruxelles per il Consiglio europeo, secondo quanto fanno trapelare fonti Ue. Nella prima parte del summit, i capi di Stato e di governo hanno discusso proprio del futuro dell’Ucraina, dopo essere stati aggiornati dallo stesso Volodymyr Zelensky (in collegamento video) sui negoziati e in particolare sui contenuti della telefonata avuta ieri con Donald Trump. L’esito del dibattito è sintetizzato nelle conclusioni sul tema, che per la seconda volta consecutiva sono state adottate da 26 sui 27 Paesi dell’Ue: l’Ungheria di Viktor Orbán si è chiamata fuori. Nel testo, i leader Ue ribadiscono il sostegno «continuo e incrollabile» all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina «entro i suoi confini riconosciuti». Sì agli sforzi per mettere fine al conflitto, dunque, ma no a smembramenti del Paese che da tre anni resiste all’aggressione russa. Quella da raggiungere, insistono ancora una volta i leader Ue, dev’essere una pace «comprensiva, giusta e duratura». Ciò significa, in concreto, che qualsiasi accordo dovrà essere corroborato da «garanzie di sicurezza robuste e credibili per l’Ucraina per scoraggiare future aggressioni russe». In assenza di certezze sulle futuribili adesioni alla Nato (esclusa dall’Amministrazione Trump) o all’Ue stessa, c’è l’impegno dell’Ue e dei suoi Stati membri (26, se non altro) a contribuire a quelle garanzie di sicurezza, in particolare sostenendo la capacità dell’Ucraina di difendersi efficacemente». Altrimenti detto, l’Ue continuerà a sostenere l’Ucraina in termini politici, militari e finanziari, anzi promette di aumentare gli stanziamenti.

La sfida di Meloni (e Sanchez) sul piano di riarmo

Sul tavolo dei leader c’è anche il piano ReArm Europe, rebrandizzato da ieri (anche) “Prontezza 2030”, predisposto dalla Commissione per rispondere proprio al disimpegno Usa dall’Ucraina e dall’Europa. Diversi Paesi sono interessati a ottenere modifiche al piano, e lo hanno detto chiaro. Giorgia Meloni, che sul tema deve guardarsi dal pressing crescente della Lega, lo ha anticipato stamattina alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen alla quale fa sapere Palazzo Chigi, «ha ribadito la necessità di porre l’accento sulla partecipazione del capitale privato, per esempio attraverso il modello InvestEu, e su strumenti europei davvero comuni che non pesino direttamente sul debito degli Stati». Per ottenere il sì dell’Italia insomma, come anticipato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ai colleghi Ue al vertice Ecofin della scorsa settimana, il piano finanziario deve cambiare e in profondità. Anche il premier spagnolo Pedro Sanchez, arrivando al Consiglio europeo, ha esplicitato le sue perplessità: «Il termine riarmo non mi piace affatto, non lo condivido. Dobbiamo rivolgerci ai nostri cittadini in modo diverso quando parliamo della necessità di migliorare la sicurezza e le capacità di difesa dell’Ue», che resta, ha insistito Sanchez, «un progetto politico di soft power».

Il nodo della competitività e le risorse Ue

Sul terreno economico, i capi di Stato e di governo dei 27 discuteranno poi delle più recenti proposte della Commissione per sostenere la crescita dell’Unione: la cosiddetta «bussola della competitività», il Clean Industrial Deal, i pacchetti di semplificazione legislativa, e ancora l’unione dell’energia e quella dei risparmi e degli investimenti. Nel quadro della discussione faranno certamente capolino anche le preoccupazioni Ue per i dazi annunciati dagli Usa di Trump e per la crisi del settore automobolistico. Atteso poi anche un primo «scambio di vedute» sul prossimo bilancio pluriennale dell’Unione europea, quello che definirà gli impegni finanziari dal 2028 al 2034: sul tavolo anche l’ipotesi di trovare per l’Ue nuove «risorse proprie» – ad esempio sotto forma di imposte dirette – per sostenere i tanti capitoli di spesa. Sul fronte internazionale, troveranno spazio infine le interlocuzioni pure sulla ripresa del conflitto nella Striscia di Gaza, sul tormentato percorso di stabilizzazione della Siria, e (forse) sulla crisi in Turchia dopo l’arresto del principale oppositore di Recep Tayyip Erdoğan, il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu.

Il pre-vertice dei «duri» sui migranti

Fra tutte le sfide, Giorgia Meloni e una serie di altri colleghi europei hanno scelto però di cominciare simbolicamente da quella della lotta all’immigrazione clandestina. Come accaduto già in diverse precedenti occasioni, la premier italiana ha partecipato (anzi, ha co-presieduto) un pre-vertice dedicato esclusivamente al tema immigrazione insieme ai leader di Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Grecia, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Svezia e Ungheria. Presente anche la stessa presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che nelle scorse settimane ha presentato anche la proposta di regolamento Ue per facilitare i rimpatri di migranti, anche tramite centri ad hoc in Paesi terzi. Tenuto conto della vastità dei temi in discussione, è probabile che il vertice dei leader si protrarrà fino a domani, venerdì 21 marzo.

In copertina: Giorgia Meloni incontra Ursula von der Leyen prima dell’inizio del Consiglio europeo (Ansa/ Palazzo Chigi/F. Attili) – Bruxelles, 20 marzo 2025

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