L’ordine esecutivo di Donald Trump per «smantellare completamente» il Dipartimento dell’Istruzione


La «grande truffa» americana è vicina alla chiusura, il presidente Donald Trump dovrebbe firmare oggi, giovedì 20 marzo, l’ordine esecutivo che sancisce la chiusura del Dipartimento dell’Istruzione. Secondo un documento diramato dalla Casa Bianca, e visionato dal New York Times, il tycoon dovrebbe «dare mandato alla segretaria all’Istruzione Linda McMahon di smantellare il suo dipartimento e restituire l’autorità educativa agli Stati». Dopo settimane in cui, passo dopo passo e con l’appoggio del Dipartimento dell’efficenza governativa di Elon Musk, il personale era stato dimezzato, ora arriva la spallata finale. Trump tiene così fede a una promessa che ha fatto al movimento Maga (Make America great again) fin dal suo primo mandato. Anche se l’ordine esecutivo non basta, e guadagnarsi il via libera del Congresso sarà una battaglia a dir poco in salita.
L’obiettivo: irnnovare un sistema «fallito»
Linda McMahon ha l’ordine di adottare «tutte le misure necessarie», un’espressione che sottolinea il grado di importanza che questa operazione ha per Donald Trump. Alla cerimonia di firma del documento dovrebbero essere presenti molti governatori repubblicani filotrumpiani, da Ron DeSantis della Florida a Glenn Youngkin del Virginia, che si vedrebbero dunque consegnato nelle mani tutto il peso della gestione del sistema scolastico. Ma perché? A quale scopo? Secondo quanto si legge nel documento redatto dalla Casa Bianca, si tratta di un tentativo di innovare un sistema percepito come obsoleto e soprattutto fallimentare: «Il controllo del governo federale sull’istruzione ha fallito con gli studenti, i genitori e gli insegnanti», scrive l’amministrazione Trump. Oltre 3mila miliardi di dollari spesi dal 1979 che, secondo Washington, non hanno portato ad alcun miglioramento nei risultati degli studenti, stando ai risultati di alcuni test standardizzati. La speranza, ha spiegato McMahon, è proprio questa: ricevere un netto miglioramento nelle pratiche e nei risultati dell’istruzione, Stato per Stato.
L’ostacolo del Senato e del voto
Ordine esecutivo, però, non significa approvazione automatica. Almeno non per quanto riguarda i documenti che stabiliscono l’abolizione di un Dipartimento governativo. In questi casi, infatti, è necessaria l’approvazione della legge da parte del Congresso, in particolare del Senato. Qui i repubblicani di Trump detengono una maggioranza di 53 seggi a 47, ma per abolire il Dipartimento dell’Istruzione servono almeno 60 voti. Tradotto: 7 democratici devono voltare le spalle alle linee guida (e alle idee) del loro partito e sostenere il proposito del tycoon. Una prospettiva a dir poco improbabile. Al contempo, ogni tentativo di smantellare il sistema dall’interno, senza ufficialmente abolirlo, sarà probabilmente osteggiato da un continuo martellamento di cause che rallenteranno sicuramente il processo in atto ormai dal 20 gennaio 2025.
I rischi della chiusura: dai miliardi di debiti degli studenti ai programmmi per i bambini con disabilità
Fa tutto parte della «campagna “taglia e brucia” di Trump e Musk», sostengono i democratici. E il timore è proprio che la mania e la fretta di abbattere i costi governativi lasci allo sbaraglio milioni di famiglie e bambini, soprattutto nelle zone più rurali degli Stati Uniti. L’ordine esecutivo assicura che sarà garantita «la continua fornitura di servizi, programmi e benefici su cui gli americani fanno affidamento». Tra questi sono compresi i finanziamenti per gli studenti a basso reddito e portatori di disabilità. Esclusi completamente, invece, tutti quei servizi legati a “Diversità, equità e inclusione”, definita da Trump «ideologia di genere». Il Dipartimento dell’Istruzione al momento gestisce oltre 100mila scuole pubbliche e 35mila private, a cui però fornisce solamente il 15% dei finanziamenti. Il restante 85% era dunque già in mano agli Stati e agli enti locali. La chiusura del Dipartimento, però, potrebbe anche comportare l’interruzione dei programmi di finanziamento a livello delle scuole K-12 (dall’asilo al liceo). E andare a intaccare per decine di miliardi di dollari il sistema di assistenza e prestiti agli studenti universitari, i cui debiti al momento ammontano a 1.600 miliardi.