Chiara Ferragni e l’aumento di capitale, le accuse del socio Morgese: «Bilancio falso, documenti assenti per coprire il suo operato»


«Il bilancio non è assolutamente veritiero e manca una documentazione sufficiente», «alcuni soci hanno adottato attività di controllo molto invasive»: l’aumento di capitale di 6,4 milioni di euro per tenere a galla Fenice, e dunque il marchio Chiara Ferragni, è stato varato al termine di un’assemblea dove se le sono dette di cotte e di crude. Per capirlo basta leggere il verbale depositato dal notaio una settimana dopo la decisione. I due schieramenti erano già limpidi prima dell’incontro tra i soci: da una parte Alchimia e Sisterhood, cioè le holding di Paolo Barletta (40% del capitale) e della famiglia Ferragni (32,5% del capitale), dall’altra Pasquale Morgese con il suo 27,5%. I primi evidentemente favorevoli a un nuovo impulso che potesse ridare vigore a Fenice dopo i casi Balocco e Dolci Preziosi e dopo l’azzeramento del patrimonio con 10 milioni di perdite nello spazio di due anni (dai 14,3 milioni del 2022 ai 2 milioni del 2024).
Il bilancio in rosso
Il risultato si sa: via libera alla ricapitalizzazione, con la disponibilità di Chiara Ferragni a coprire tutto l’aumento nel caso ci fosse inoptato, assumendone dunque il controllo esclusivo. Il dietro le quinte, però, era rimasto nascosto. E celava effettivamente uno scontro aperto tra Pasquale Morgese e l’amministratore unico di Fenice, Claudio Calabi. È proprio quest’ultimo a dare il via alle danze, illustrando il profondo rosso in cui si trova la società: «Perdita di 6,9 milioni e patrimonio netto negativo di 2,9 milioni». A cui si aggiunge l’ulteriore perdita di 3,3 milioni nel 2024.
Lo scontro su Fenice Retail e la minaccia di ricorrere a vie legali
La situazione di evidente difficoltà di Fenice viene subito impugnata dal legale Filippo Garbagnati, rappresentante di Morgese, secondo il quale ci sarebbe una grave «carenza di documenti» e non sarebbe disponibile «il bilancio della partecipata Fenice Retail», cioè la società che gestisce i negozi. Si arriva anche alle minacce, con l’avvocato che avrebe detto di «riservarsi di esercitare i propri diritti anche in via giudiziale». L’assemblea, però, non viene fermata perché secondo i legali di Ferragni sarebbe disponibile un «quadro informativo sufficiente». Ma è proprio Fenice Retail uno dei punti cardine dell’attacco di Morgese. La controllata, amministrata in solitaria da Chiara Ferragni, ha infatti subito «svalutazioni molto rilevanti nel bilancio 2023», ma risulterebbero in ogni caso erogazioni di credito («nuovamente svalutato») a Fenice nel 2024. E nel budget 2025 sarebbero conteggiati alcuni costi non previsti, come «il pagamento dei dipendenti» di una società che – ribadisce Calabi – sta andando verso «una liquidazione in bonis». E che quindi chiuderà i battenti.
L’attacco di Morgese: «Mancano documenti per coprire l’operato di Ferragni»
Morgese non si arrende: «Il bilancio non risulta assolutamente veritiero né corroborato da un’adeguata documentazione e manifesta un fabbisogno sensibilmente superiore rispetto alle effettive necessità della società». Un’assenza di documenti che, attacca l’imprenditore, servirebbe a «coprire l’operato del precedente organo amministrativo», cioè Chiara Ferragni e Paolo Barletta, a capo di Fenice fino a novembre 2024. Immediata la reazione di Calabi: «Ho sempre operato esclusivamente nell’interesse della società a tutela dei soci e dei creditori, muovendomi con la massima diligenza, massima buona fede, principio di correttezza e rispetto dei principi contabili». E ha poi ribaltato l’accusa sullo stesso Morgese, additandolo come un socio che «ha posto in essere attività di controllo molto invasuve» per guadagnarsi la «totale contezza dell’andamento della gestione e della consistenza patrimoniale».