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Teorie del complotto: la collinetta erbosa

L’apoteosi delle tesi complottiste sull’assassinio di JFK si concentrano nel momento in cui vengono sparati tre colpi contro il corteo presidenziale nel giro di poco più di cinque secondi. C’è anche chi conta più di tre spari. Si ritiene in generale che questo genere di performance non fosse possibile nemmeno al migliore dei tiratori scelti, e che dovessero esserci perlomeno altri cecchini quel giorno nella Dealey Plaza. Ma è davvero così? Non proprio.

Ci viene in aiuto l’ormai celebre filmato realizzato da Abraham Zapruder con una cinepresa amatoriale da 8 millimetri, che non poteva registrare l’audio. Chi parla di registrazioni sonore sta riportando una vecchia bufala, come spiega il segretario del CICAP Massimo Polidoro QUI. Ci sono poi oltre 200 testimoni, l’81% dei quali riferì di aver sentito tre spari. I pochi che hanno sentito più spari potrebbero aver contato il boom sonico del proiettile e l’esplosione dello sparo come due colpi separati. Trovate maggiori approfondimenti QUI.

Che dire allora della leggendaria «collinetta erbosa» dove si sarebbe appostato un misterioso secondo cecchino? All’origine di questa narrazione – che trae spunto da alcune testimonianze in buona fede di persone a cui è sembrato di sentire dei colpi provenire da quella direzione – c’è un fenomeno che spesso “condisce” le teorie del complotto più suggestive: la pareidolia, ovvero quel fenomeno che ci fa dare senso a forme del tutto casuali, come quando vediamo animali e oggetti nelle nuvole. In questo caso però c’è stato anche un “aiutino”. È il caso del filmato di Orville Nix, dove si vedrebbe il secondo misterioso cecchino.

In realtà quel che si vede è una manciata di pixel a cui il fumettista belga Jean-Michel Charlier (definito impropriamente “regista”) ha sovrapposto la sagoma suggestiva di un uomo con cappello e impermeabile, filmata in uno studio di posa.

Paradossalmente chi crede alle tesi del complotto sull’assassinio di JKD spesso crede parallelamente, che gli allunaggi non sono mai avvenuti, in quanto realizzati in giganteschi set cinematografici.

Per quanto possa sembrare assurdo, tutt’oggi c’è chi identifica quella sagoma con David Ferrie, un pilota americano morto nel 1967, che finisce comunque anche nel già citato film di Oliver Stone.