In Tunisia il presidente Saied caccia il premier: al suo posto la ministra Sarra Zaafrani Zenzri


Sarra Zaafrani Zenzri è la nuova prima ministra della Tunisia. In un nuovo – l’ennesimo – rimpasto ordinato dal presidente Kais Saied, la ormai ex ministra delle Infrastrutture è la seconda donna a salire al governo, in un Paese martoriato dalla crisi economica e in cui, di fatto, il potere è completamente incentrato nelle mani di Cartagine. Allontanato, dunque il primo ministro Kamel Madouri, che nell’agosto 2024 era stato scelto proprio da Saied come tecnico per la sua esperienza come alto funzionario della Banca central. Non sono note le motivazioni di questo cambio al vertice, il presidente si è limitato a indicare il nuovo ministro delle Infrastrutture – Salah Al-Zawary – e a ricordare il mandato di Zaafrani Zenzri: «Raggiungere le aspettative del popolo tunisino».
Il cambio al vertice
In Tunisia la fine della crisi sembra un lontano miraggio. Nel 2024 una crescita con il freno a mano tirato (solo +0,4%), un tasso di disoccupazione del 16% e un debito pubblico asfissiante hanno di fatto paralizzato il Paese. A mancare, secondo il presidente Kais Saied, è stata proprio l’azione efficace del governo. E non ci ha pensato due volte: via Madouri, dentro Zaafrani Zenzri. Con lo scopo di «abbattere tutti gli ostacoli al raggiungimento delle aspettative del popolo tunisino». Una mossa non molto dissimile a quella dello scorso agosto, quando lo stesso presidente era stato protagonista di un maxi rimpasto che aveva portato Madouri al governo e il cambio di 19 ministri. Un cambiamento promosso «nell’interesse supremo dello Stato» e per ragioni di «sicurezza nazionale».
Il regime ultrapresidenziale di Saied
Il presidente Saied è dal 2021 che ha potere assoluto sulla composizione del governo tunisino. In quella circostanza, infatti, allontanò l’allora primo ministro e promosse una revisione della Costituzione per ripristinare un regime ultrapresidenziale, in cui Cartagine ha pressoché potere assoluto. Oppositori politici ormai riempiono le celle dei carceri, soprattutto dopo il plebiscito delle ultime presidenziali che hanno confermato Saied come capo di Stato con il 90% delle preferenze. Pur con una tornata elettorale con un’affluenza alle urne del 30%, frutto anche di una crisi economica senza fine. Nel bel mezzo della quale, Saied ha rinunciato alle trattative con il Fondo monetario internazionale (Fmi), che gli avrebbero garantito 2 miliardi di dollari in cambio di un pacchetto di riforme nel settore energetico.