Non solo terre rare: così Trump vuole mettere le mani su centrali nucleari e server dell’Ucraina


Non solo terre rare. Nei piani di Donald Trump per l’Ucraina dopo gli accordi per lo sfruttamento dei minerali ci sono le centrali nucleari e i server per il trasferimento dei dati sensibili. E intanto il presidente degli Stati Uniti firma un piano di emergenza per lo sfruttamento di minerali essenziali in patria. Mentre l’accordo con Volodymyr Zelensky arriverà alle firme a breve, secondo il tycoon. Che ha anche ordinato un’indagine su potenziali nuovi dazi sulle importazioni di rame.
La centrale
La situazione a Zaporizhzhia dal punto di vista militare oggi è confusa. La città è sotto il controllo degli ucraini, la centrale è sotto l’egida russa. L’impianto è fermo da settembre 2022. In totale l’Ucraina ha in funzione 15 reattori per una produzione totale di 13.700 megawatt. Ovvero il 55% dell’intero fabbisogno energetico del paese. A spiegare l’idea degli Usa, riporta oggi Il Messaggero, è stato il segretario di Stato Marco Rubio: «Secondo il presidente gli Usa potrebbero essere di grande aiuto nella gestione delle infrastrutture energetiche. La proprietà statunitense sarebbe la migliore protezione possibile». Trump aveva anche detto che la migliore garanzia di sicurezza per l’Ucraina sarebbe stata proprio la presenza di ingegneri e operai americani nei siti di terre rare. Perché, era il ragionamento, così i russi non si azzarderanno certo a bombardarle.
Il possesso degli impianti
E proprio il tema del possesso delle centrali è stato affrontato nei giorni scorsi da Zelensky. I reattori, ha ricordato il presidente dell’Ucraina, «appartengono al nostro popolo. Sono proprietà statali». Ma «se gli americani vogliono prendere la centrale ai russi e vogliono investire lì e modernizzarla è una questione completamente diversa». Si tratta di zone di trincea sotto l’osservazione dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. E sulle quali gli allarmi dei due fronti sono arrivati periodicamente. Russi e ucraini si sono accusati a vicenda di mettere in pericolo la sicurezza degli impianti con i bombardamenti.
I server
Poi ci sono i server. Oggi Amazon Web Server di Jeff Bezos garantisce al governo ucraino il trasferimento di dati sensibili. E li protegge dagli attacchi di Vladimir Putin. Oltre a supportare gli aiuti polacchi e donare milioni di dollari. Anche qui Trump può proporre un accordo che Zelensky farebbe molta fatica a rifiutare. In più c’è da ricordare che l’americana Westinghouse ha firmato da prima della guerra un accordo con Energoatom, l’azienda nucleare statale, per la costruzione di cinque reattori. Che sono diventati nove dopo l’aggressione russa. E l’azienda è anche interessata a Zaporizhzhia. Che continua a utilizzare la sua tecnologia. Lo sfruttamento della centrale andrebbe a braccetto con quello dei giacimenti minerari.
I poteri di emergenza
Intanto in patria Trump invoca poteri di emergenza proprio per aumentare la produzione nazionale di minerali essenziali. Per il conflitto commerciale con Cina, Canada e altri grandi produttori di minerali che riforniscono i produttori americani. Trump ha firmato un ordine esecutivo che attinge al Defense Production Act (DPA) dell’era della Guerra Fredda come parte di uno sforzo per fornire finanziamenti, prestiti e altro supporto agli investimenti per la lavorazione nazionale di una gamma di minerali essenziali. Il DPA concede al Pentagono ampia libertà di procurarsi le attrezzature necessarie per la difesa nazionale. Invocandolo, si dichiara sostanzialmente che affidarsi a nazioni rivali per minerali critici costituisce una minaccia alla sicurezza nazionale.
Il litio e il nichel
«Un tempo gli Stati Uniti erano il più grande produttore mondiale di minerali rari, ma una regolamentazione federale opprimente ha eroso la produzione mineraria della nostra nazione», ha affermato il presidente nell’ordine. L’ordine ingiunge alle agenzie federali di creare un elenco di miniere statunitensi che possono essere rapidamente approvate e quali terreni federali, inclusi quelli controllati dal Pentagono, potrebbero essere utilizzati per la lavorazione dei minerali. Gli Stati Uniti attualmente producono pochissimo litio e nichel. La loro unica miniera di cobalto ha chiuso l’anno scorso a causa dell’intensa concorrenza cinese. Gli Usa hanno diverse miniere di rame, ma solo due fonderie per trasformare il metallo rosso in tubi, cavi e altri componenti. E hanno solo una miniera di terre rare, che vengono utilizzate per realizzare magneti.
Gallio, germanio e antimonio
Verso la fine dell’anno scorso, Pechino ha imposto un divieto assoluto alle esportazioni di gallio, germanio e antimonio negli Stati Uniti. Costringendo i produttori statunitensi a cercare forniture alternative di quei materiali. L’ordine incoraggia anche l’ottenimento di permessi più rapidi per progetti di estrazione e lavorazione e una direttiva per il Dipartimento degli Interni per dare priorità alla produzione mineraria su terreni federali. E chiede alle agenzie di aiutare a incrementare la produzione statunitense di rame e oro, nessuno dei quali è considerato un minerale critico dall’U.S. Geological Survey.