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Trump: «Musk non riceverà nessun documento top secret sulla Cina. La storia del New York Times è falsa»

21 Marzo 2025 - 13:43 Filippo di Chio
Elon Musk e Donald Trump
Elon Musk e Donald Trump
Secondo il quotidiano l'imprenditore doveva avere accesso al Pentagono di carte molto delicate. Ma il presidente USA nega ogni coinvolgimento dell'alleato

Donald Trump ha smentito le voci secondo cui Elon Musk riceverà oggi documenti top secret al Pentagono sulla strategia di Washington in una potenziale guerra contro la Cina. L’infromazione era stata lanciata dal New York Times, citando tre funzionari del Dipartimento della Difesa americana. «La Cina non verrà nemmeno menzionata o discussa», ha scritto sulla sua piattaforma Truth Social il presidente USA definendo la storia, pubblicata dal quotidiano, «completamente falsa». Trump terrà una conferenza stampa al dipartimento della Difesa con il segretario Pete Hgseth alle 11 ora locale, le 16 in Italia.

Cosa aveva scritto il NYT

Secondo il quotidiano statunitense a invitare l’imprenditore, nonché segretario all’Efficienza governativa, sarebbe stato proprio il capo del Pentagono Pete Hegseth, che avrebbe richiesto la presenza di Musk al fianco del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Ma perché? Trattandosi di un briefing di altissimo livello, ovviamente non è dato saperlo. Ma sorgono immediatamente dubbi riguardo alla presenza del miliardario. Che costituirebbe – stando al New York Times – «un’espansione drammatica del suo già ampio ruolo di consigliere di Trump».

L’incontro nella sala top secret

Non solo. Musk è già strettamente legato all’industria nella difesa americana, con cui collabora per quasi 2 miliardi di dollari annui per la costruzione della rete di comunicazione satellitare Starlink, utilizzata dall’Aeronautica statunitense. Al contempo, proprio in Cina la sua azienda Tesla ha la sua principale fabbrica. Dalla Casa Bianca negano: «La Cina non verrà nemmeno menzionata o discussa», ha scritto sui social il presidente Trump. «Ancora una fake news, quella secondo cui domani Elon Musk andrà al Pentagono per un briefing su una potenziale guerra con la Cina. Ridicolo. Della Cina non si parlerà e non si farà neppure menzione». Ma anche il Wall Street Journal ha confermato che del Dragone asiatico si parlerà, in presenza di Musk. Pubblicamente è stato definito come un «incontro informale su innovazione, efficienza e produzione più intelligente».

Secondo fonti interne, invece, a Donald Trump e Elon Musk sarà presentato un briefing di una trentina di pagine in cui sarà dettagliata la modalità di combattimento americana nel caso dello scoppio di una guerra contro la Cina. Compresi gli obiettivi e le zone nevralgiche da colpire per paralizzare il nemico. Che non si tratti di un semplice incontro informale lo certifica anche il luogo in cui si riuniranno con Hegseth e alcuni generali e ammiragli dell’esercito. A ospitarli sarà il cosiddetto Tank, una sala conferenze utilizzata esclusivamente per riunioni di altissimo livello.

Cosa c’entra Musk? L’ascia del risparmiatore e l’ipotesi difesa spaziale

Allora si torna alla domanda iniziale: e Musk cosa c’entra? L’ipotesi avanzata dal New York Times è che sia necessario per il suo Dipartimento sapere quali investimenti militari sono irrinunciabili e a quali invece poter dare un taglio. Sempre nell’ottica di rendere efficiente il governo e le sue spese. Già il miliardario ha chiesto al Pentagono di smettere di acquistare caccia F-35 dalla Lockheed Martin, un programma dal valore di 12 miliardi di dollari all’anno. Per decidere a quali altri investimenti rinunciare sarebbe dunque opportuno prima comprendere quale sia il loro obiettivo.

C’è invece chi ricorda un progetto avviato da Trump, il cosiddetto Golden Dome. Si tratta di un sistema di difesa missilistica spaziale che il presidente americano ha chiesto, tramite un ordine esecutivo, all’Aeronautica di iniziare a progettare per difendere il sistema satellitare americano dai potenziali attacchi cinesi. Decine di miliardi di dollari che potrebbero finire proprio nelle tasche di Musk e della sua SpaceX, che si occuperebbe delle strutture satellitari, del lancio di razzi e del sistema di comunicazione di dati.

Il doppio conflitto di interesse e la richiesta rifiutata a Musk

Si tratterebbe dunque di una chiara corsia preferenziale offerta al miliardario e braccio destro di Trump, che riceverebbe in appalto automatico opportunità di business per un valore di decine di miliardi di dollari. E sarebbe un unicum, dato che prendere parte a un briefing del genere darebbe la possibilità a Elon Musk di individuare immediatamente quali contratti potrebbero interessare al Pentagono. E dunque calibrare la sua offerta sulle falle e sulle mancanze del sistema difensivo americano. Un conflitto di interessi a cui se ne aggiungerebbe un secondo. Proprio Musk, o meglio la sua Tesla, ha nella Cina il suo principale alleato a livello di produzione automobilistica.

Non è un caso che negli scorsi anni l’imprenditore di origini sudafricane non abbia mai detto una parola fuori posto su Pechino. Anzi, aveva addirittura sostenuto che «Taiwan fosse parte della Cina, come le Hawaii sono parte degli Stati Uniti», allineandosi evidentemente alla linea politica del presidente Xi Jinping. Addirittura, secondo i quotidiani americani, negli scorsi ani Musk avrebbe già chiesto al Pentagono lo Special Access Program. Cioè l’autorizzazione a partecipare a riunioni con contenuti estremamente sensibili. Una domanda che il Pentagono, almeno fino a oggi, aveva respinto non ritenendo necessaria la sua presenza. Cosa ora sia cambiato, però, non è chiaro.



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